15. Il quaderno e il quadro

Sauro si mise a sedere per ascoltare il racconto di Anna.

Lei guardò in basso per un po’, domandandosi da che parte cominciare. Poi, quasi senza rendersene conto, iniziò a rivelare i dettagli della storia e lasciò uscire le parole una dietro l’altra come se fossero gli zampilli di una fontana. Ogni confidenza portava con sé il peso di un pensiero trattenuto e imbavagliato che, venendo alla luce, liberava lo spazio per nuove riflessioni. 

– Andiamo per ordine- disse all’inizio – Quando è arrivata la lettera di mio fratello non sapevo che cosa pensare. Mi è parso strano che scrivesse dopo tanto tempo per chiedere un quaderno di ricette e ho capito che c’era sotto qualcosa. Ho deciso di andare a casa sua e di seguire gli indizi che mi aveva fornito: dovevo andare nel ripostiglio e cercare tra i libri di cucina. Sono uscita all’alba, come ben sai, pensando di non essere vista. Una volta arrivata nell’appartamento ho scartabellato ogni volume fino a quando ho trovato il taccuino dei dolci; l’ho sfogliato pagina per pagina ma non ho notato niente di particolare.  Evidentemente, Libero si riferiva a qualcosa che non era lì. Ho messo da parte il quaderno e ho proseguito la ricerca esaminando tutte le cartelle dello scaffale.

– Perché l’hai messo da parte, visto che non conteneva nulla di interessante? – Chiese Sauro.

-Ho pensato che forse avrei dovuto spedirglielo per mantenere una parvenza di normalità con la sua richiesta. Se la lettera di Libero conteneva un messaggio nascosto significava che lui aveva il timore di essere intercettato, altrimenti sarebbe stato più esplicito. Mi sono detta che forse sarebbe stato bene giocare allo stesso gioco facendogli capire, però, che avevo colto la sua comunicazione.

 –Ottima deduzione – commentò il poliziotto. 

Anna riprese a parlare.

-Ho continuato a guardare tutte le riviste e ho girato, una per una, le pagine dei blocchi di appunti con le note di Adele, finché  finalmente ho trovato qualcosa.

-Che cosa?- domandò Sauro concitato.

-Un fascicolo di formule- rispose Anna-  simboli annodati in equazioni impossibili da decifrare, almeno per me.

-Dove l’hai messo? 

-Ti faccio vedere. Ce la fai a staccare il quadro?- Disse la donna indicando con lo sguardo il dipinto appeso alla parete.

-È il ritratto di Libero, giusto? – chiese l’uomo mentre rimuoveva la tela dal gancio sul muro.

-Non esattamente- disse lei – adesso ti spiego.

Anna mise le mani sulle ruote della sedia a rotelle e le fece girare in modo da spostarsi e raggiungere il comò. Aprì il cassetto più in alto, estrasse una scatola e la appoggiò sulle gambe, poi chiuse il cassetto e tornò indietro per posarla sul tavolo. Sollevò il coperchio e lasciò che Sauro ci guardasse dentro.

-Sono fotografie – bisbigliò lui mentre le prendeva in mano- sembrerebbero della prima metà del 900. 

-Esatto – Aggiunse Anna – guardale bene.

Il poliziotto le osservò attentamente. 

-C’è un uomo che assomiglia incredibilmente a Libero, chi è?

-È il nostro nonno, il padre di nostra madre. La somiglianza è sorprendente, in effetti. 

-Allora questo è il suo il ritratto?

-Sì, lo è. Anche se io e Libero abbiamo sempre detto che raffigurava lui. Un po’ per scherzo e un po’ per conservare il segreto.

-Quale segreto?

Anna fece una breve pausa. Non aveva mai rivelato a nessuno quello che stava per dire ed ebbe un attimo di esitazione. Poi pensò che ormai aveva scelto la strada da seguire e doveva procedere .

-Devi sapere che l’affinità tra Libero e il nonno non riguarda solo le caratteristiche fisiche, non è solo una questione di aspetto esteriore. Mio fratello ha ereditato da lui anche l’abilità matematica e una certa stranezza nel comportamento. Insomma, i due si assomigliano in tutto e per tutto. Si potrebbe pensare a una forma di reincarnazione se non fosse che quando è morto il nonno, Libero era già nato! 

La battuta smorzò l’atmosfera e fece passare nella stanza un soffio di leggerezza. 

– Ora avvicinati, guarda qui.

Anna indicò la cornice del quadro che era appoggiato sul tavolo accanto alle foto. Sauro si avvicinò per vedere e inclinò la testa seguendo l’indice di Anna, puntato sulla parte inferiore dell’intelaiatura. Strinse gli occhi per mettere a fuoco finché notò qualcosa di molto piccolo, un’incisione simile a una scritta che sarebbe potuta passare del tutto inosservata se lo sguardo fosse stato un po’ meno scrupoloso.

-C’è una sequenza di numeri…con sotto una riga diritta – Commentò.

-Sì:  1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21 …. Sai che cosa sono?

-No, non lo so. 

-Sono i numeri di Fibonacci. Ogni numero si ottiene dalla somma dei due precedenti. Vedi? 1 + 1 fa 2,  2 + 1 fa 3,  3 + 2 fa 5 e così via. Se non li riconosci, non puoi trovare il numero che manca nell’elenco. 

Sauro fece un rapido conto, sommando ogni cifra alla precedente e verificando che il risultato fosse tra i numeri dell’incisione.

-Manca il 987- disse dopo un po’.

– Esatto, aggiunse lei.  9 e 87 sono le coordinate di due punti sulla retta che vedi sotto la sequenza. 

Anna aprì un cassetto del tavolo e prese un metro da sarta. 

– Prendi questo e posiziona lo zero all’inizio della riga. Dopo 9 cm c’è il primo punto; dopo 87 cm c’è il secondo. Individuali con precisione e poi premili contemporaneamente con le due dita.

Sauro seguì le istruzioni e fece quanto Anna gli aveva detto. Dopo aver identificato le due posizioni, fece una leggera pressione con i polpastrelli stando attento a rendere l’azione simultanea. Sentì uno scatto e avvertì un movimento sulla cornice del quadro. Spostò le mani per toccarla e si accorse che i due lati verticali potevano scorrere su una guida interna che risultava attaccata alla tela. Guardò Anna con gli occhi pieni di meraviglia, così lei fornì qualche spiegazione.

– Il nonno l’aveva progettata per diletto, da giovane. Gli tornò utile in tempo di guerra quando ci nascose i pochi soldi che aveva e i documenti per scappare all’estero. Non rivelò mai a nessuno il suo segreto fino a quando, prima di morire, lo raccontò a mia madre che poi l’ha riferito a noi. Quando Libero ha menzionato il quadro, nella lettera, ho capito che alludeva al nascondiglio e sono andata a prendere il dipinto. Dopo aver trovato il quaderno  non avuto più dubbi: dovevo metterlo lì, dove nessuno l’avrebbe trovato.

Anna fece scorrere i due lati della cornice e spostò la tela, sotto la quale comparvero un doppio fondo e un piccolo vano contenitore. All’interno, un blocco sottile faceva bella mostra di sé.

Sauro si lasciò andare in una risata.

-Famiglia di pazzi!- commentò. 

Prese in mano il fascicolo e lo sfogliò. 

-Qualsiasi cosa ci sia scritta, deve essere molto importante.  Per ora rimettiamolo al suo posto ma non possiamo lasciarlo lì troppo a lungo, stamattina ti hanno visto uscire dall’appartamento di Libero con un quadro e non impiegheranno troppo tempo per venire a cercarlo. Dobbiamo far realizzare una copia e appenderla al suo posto.

-Già fatto- disse la donna- ci ha già pensato il nonno. Un dipinto identico a questo è chiuso in un baule in soffitta.

-Genio d’un genio- disse Sauro soddisfatto.

-Non puoi capire quanto- aggiunse lei- e Libero non è da meno.

Quella sera Anna e Sauro ordinarono un paio di pizze e cenarono insieme. Lei prese una vegetariana bianca, lui una quattro stagioni. Bevvero una birra piccola e una Coca media, poi mangiarono del gelato al riso e al cioccolato. Alle 23 Sauro si congedò e Anna lo accompagnò alla porta. Prima di uscire le dette un bacio sulla fronte.

-Grazie- disse lei sorridendo.

-Grazie a te – Rispose lui.  

E la luna arrivò. 

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