22. Rime baciate
Mia e Greg si prepararono velocemente per uscire di casa e andare in via Banchi di Sotto, in cerca della soffitta che Anna aveva indicato nell’anagramma. Lui fu pronto qualche minuto prima e si mise a sedere sul divano, in attesa dell’amica.
Aspettava e si guardava intorno pensando a tutte le cose che erano successe negli ultimi giorni, da quando era arrivato a Siena. Ripercorse le tappe delle loro scoperte, ripensò a ogni deduzione che avevano fatto e che li aveva portati, ragionamento dopo ragionamento, al punto in cui erano arrivati; tutto sembrava tornare perfettamente.
-Sei pronta? – chiese a voce alta in modo che lei lo sentisse dall’altra stanza.
-Un attimo, arrivo!
-L’attimo delle donne – disse piano lui, e tornò nei suoi pensieri.
A un certo momento il suo sguardo si fermò su qualcosa, un particolare che aveva appeso davanti agli occhi e che fino a quel momento gli era sfuggito.
Si alzò e si diresse sotto il ritratto di suo padre. Lo guardò attentamente e ne toccò la tela.
– Il neo…
-Come scusa? – chiese Mia che nel frattempo l’aveva raggiunto in salotto.
-Il dipinto – spiegò Greg – ha qualcosa di strano.
-In che senso?
-Manca un neo sulla guancia.
-Sei sicuro?
-L’ho guardato tanto quando ero piccolo, fissavo un punto e cominciavo a pensare. Non so se ti è mai successo di guardare qualcosa insistentemente finché il pensiero si perde. Io lo faccio ancora quando ho bisogno di riflettere: comincio a contemplare un’immagine che ho davanti, come se le mie associazioni avessero bisogno di una porta per passare dalla realtà concreta a quella astratta dell’immaginazione.
-Succede anche a me – disse Mia – ma non avrei saputo descriverlo tanto bene.
-Ecco, da piccolo io mi perdevo su questo ritratto. Un giorno, a forza di guardarlo, mi sono accorto di una cosa singolare: nel quadro mio padre aveva un neo che in realtà sulla sua guancia non c’era. Più o meno qui – Greg indicò col dito la zona in cui, a suo avviso, doveva esserci una macchiolina della pelle.
-Pensi che sia una cosa rilevante?- Chiese Mia.
-Non ho la minima idea. Per adesso direi di proseguire con le nostre indagini e andare a cercare la soffitta. Sei pronta per uscire?
-Prontissima. Hai preso la chiave?
-L’ho presa, andiamo.
I due ragazzi uscirono e si incamminarono verso via dei Banchi di Sotto. Percorsero la strada in discesa e arrivarono in prossimità del palazzo in cui Greg ricordava di essere stato con sua madre tanti anni prima.
Trovarono il portone socchiuso e si introdussero nell’androne, salirono le scale fino all’ultimo piano e giunsero in un ambiente del sottotetto su cui si affacciavano tante piccole porte di legno.
-Dovrebbe essere questa – disse Greg dopo un po’.
-Lo scopriamo subito – aggiunse Mia mentre provava a infilare la chiave nella serratura.
La porta si aprì e loro entrarono.
Si trovarono in un locale grande come una stanza, illuminato da una finestra piccola e polverosa da cui passava un’ idea di luce compatibile con la stagione invernale che stavano vivendo, un barlume di sole tiepido e nebbioso. Tutto lo spazio era pieno zeppo di roba: c’erano vecchi mobili accatastati e coperti da teli di nylon, qualche lampada, un ventilatore a piantana, degli scatoloni con la scritta di piatti e bicchieri e diversi quadri appoggiati l’uno sull’altro, rivolti verso un angolo della parete e rivestiti con dei fogli di giornale per non farli sciupare. Al centro un tavolo rotondo, simile a quello su cui avevano trovato l’anagramma in casa di Anna, con sopra dei libri e qualche altro oggetto tra cui un paio d’occhiali e un metro da sarta.
-E adesso? – Chiese Mia.
-Adesso cerchiamo, anche se non sappiamo che cosa.
-Un approccio molto scientifico, brancoliamo nel buio! – ribatté lei con una punta di sarcasmo.
-Hai altre proposte?
-Purtroppo no, sono costretta a seguire il tuo istinto.
-Brava – disse lui mentre faceva l’occhiolino.
I due ragazzi si guardarono intorno, provarono a sollevare il nylon dai mobili ma c’era troppa polvere e loro dedussero che quei teli non venivano spostati da un po’. Guardarono sul davanzale interno della finestra e nelle travi del sottotetto, poi si avvicinarono al tavolo e cominciarono a esaminare i volumi.
-Ci sono un sacco di romanzi, devono essere di mia madre.
-I titoli ti dicono qualcosa?
-Niente di particolare. Però aspetta, guardiamo al centro…ecco … c’è un foglietto…anzi due!
Presero in mano i fogli e li aprirono, divorando i gesti e l’attesa di sapere. Il primo conteneva una scritta
Quando la ricerca arranca
cerca il numero che manca
Non guardarlo tutto intero
son due numeri davvero
Premi forte con le dita
gioca bene la partita
Se sincronica è l’azione
vedrai la destinazione
-Che cosa significa? – chiese Mia sbalordita.
-Dice di cercare un numero…ma dove lo cerchiamo?
-Bella domanda. Guardiamo l’altro foglio, vediamo che cosa c’è scritto.
Aprirono il secondo biglietto e trovarono un disegno. C’erano un lui e una lei stilizzati che indicavano la parte inferiore di un quadro.
-Ecco, ci mancava proprio un disegno adesso….che cosa vorrà dire?
-Fammi pensare…c’è un ambientazione, dei mobili, una specie di scenario. Però guarda… non sembra il salotto di Anna? Ci sono il tavolo tondo, la lampada, il comò…proprio come a casa sua. E questi? Siamo forse noi?
-Aspetta un attimo…sai quale quadro stanno guardando? Appeso in quel punto, di fronte al tavolo, c’è il ritratto di mio padre!
-Porca miseria, hai ragione. Allora siamo proprio noi! Ci sta dicendo di guardare sotto il quadro…ma perché ci ha fatto venire in soffitta? Non poteva trovare il modo di dircelo quando eravamo lì? E poi un’altra cosa, come faceva a sapere che saresti stato con me nel momento in cui trovavo il biglietto? Quando è partita non c’eri…
Stettero zitti per qualche secondo cercando di mettere a fuoco le idee, poi lei riprese a parlare; aveva il tono di chi comincia a capire.
-Greg, dimmi questa cosa. Come hai saputo dell’incidente di Anna?
-Mi ha chiamato la polizia, hanno detto di venire a Siena e di non farne parola con nessuno perché le indagini erano in corso e il momento era delicato.
-Sì! – esclamò lei – c’è di mezzo Sauro! Come ho fatto a non pensarci? Stai a sentire Greg, incrocia le dita e ascolta!
Mia prese la borsa e tirò fuori il cellulare. Compose il numero della centrale di polizia e accese il viva voce.
-Pronto? Buon giorno, vorrei parlare con Sauro Caselli se è possibile.
-Mi dispiace ma non c’è, è in ferie fino a dopo le feste. Posso fare qualcosa per lei?
-Nulla, grazie. Arrivederci.
Mia riagganciò il telefono e abbracciò Greg.
-Sauro è con Anna! È una notizia bellissima, significa che Anna non è da sola! Ovunque si trovi e qualsiasi cosa stia affrontando, Sauro le è vicino!
-Chi è Sauro? Non capisco…
-È l’uomo che ha investito tua zia tanti anni fa. Allora era un ragazzo e le promise che avrebbe fatto di tutto per aiutarla, qualora lei ne avesse avuto bisogno. Evidentemente ha mantenuto la sua parola! Adesso fa il poliziotto, deve averti chiamato lui per farti arrivare da me senza destare sospetti. Mi sento così sollevata!
-Hai ragione, è una notizia bellissima. Sembra tutto così incredibile…
Si abbracciarono di nuovo, sempre più forte. Sentirono il calore dei loro corpi e riconobbero l’odore della loro pelle. Si guardarono per qualche secondo zitti, immobili e vicini, mentre il loro sguardo cambiava simultaneamente espressione.
Stavano per baciarsi quando sentirono il rumore di qualcosa che cadeva. Era il cellulare di Mia e lei si chinò per raccoglierlo.
-Proprio ora…- disse lui.
Lei diventò rossa e fece finta di niente. Si mise la mano nei capelli per tirarli indietro e riprese il foglietto con il disegno.
-Ecco – disse per riempire lo spazio lasciato vuoto dall’imbarazzo – secondo te che cosa può significare?
Greg impiegò qualche secondo a tornare in sé, poi prese la parola per rispondere alla domanda.
-Sembra un invito di Anna a guardare sotto il quadro, che però è in casa sua in salotto. A meno che…aspetta un attimo…a meno che…
-A meno che?
-A meno che non ci sia qualcos’altro qui!
Si girarono e guardarono ai lati della soffitta, poi andarono nella direzione delle tele accatastate sul muro.
Erano imballate, rivestite una ad una.
-Questa ha un incarto recente – disse lui mentre guardava il giornale in cui era avvolta. Lo girò e cominciò a leggere qualche rigo.
-È di quindici giorni fa!
Non fece in tempo a finire la frase che Mia aveva già liberato il dipinto dall’involucro.
Dopo aver sfoderato la pittura stettero zitti per qualche secondo, ammutoliti da quanto avevano visto.
-Wow…Incredibile! – dissero insieme.
Era un ritratto di Libero, in tutto e per tutto uguale a quello appeso in casa di Anna.
-C’è il neo! – notò con impeto Greg – allora è questo quello che era appeso in casa mia quando ero piccolo, non sapevo che ce ne fosse un altro!
Appoggiarono la tela sul tavolo e guardarono sotto la cornice, come suggeriva il disegno.
-Non si vede nulla…è troppo buio.
-Aspetta un attimo, ti faccio luce con il cellulare.
Mia illuminò la stecca di legno e Greg lesse a voce alta.
-Ci sono dei numeri…1,1, 2, 3, 5, 8, 13, 21…è la sequenza di Fibonacci!
-Il biglietto dice di individuare il numero che manca, guarda bene Greg, dovrebbe forse esserci qualche cifra che invece non c’è?
Greg contò velocemente: 1+1, due. 2+3, cinque. 3+5, otto…
-Manca il 987- concluse poco dopo.
-Perfetto, ora vediamo come dobbiamo proseguire – disse Mia mentre riprendeva il foglietto con le indicazioni.
Quando la ricerca arranca
cerca il numero che manca
Non guardarlo tutto intero
son due numeri davvero
….
-Dice che sono due numeri. Potrebbero essere 9 e 87, oppure 98 e 7. Ma anche 97 e 8, perché no…
-E poi? Che cosa dobbiamo farne?
Mia continuò a leggere
Premi forte con le dita
gioca bene la partita
Se sincronica è l’azione
vedrai la destinazione
Greg pose i polpastrelli in ciascuna delle posizioni indicate dalle coppie di numeri, avendo cura di premere contemporaneamente dalle due parti.
-Non succede nulla!
-Aspetta, dobbiamo trovare il modo giusto..
Mia fece ancora luce sulla cornice mentre avvicinava la faccia per vedere meglio.
-C’è una riga incisa sotto la sequenza – osservò.
-Fammi vedere…altro che riga, potrebbe essere la retta reale. Brava Mia, hai visto giusto! Ogni punto corrisponde a un numero, non ci sono spazi vuoti. Fammi pensare…forse bisogna individuare le posizioni delle nostre coppie. Ci vorrebbe qualcosa per misurare, un righello, un metro…qualcosa così.
-Ecco il metro – disse Mia mentre gli passava l’oggetto arrotolato – L’ho notato prima ma non credevo che sarebbe servito. Anna ha pensato a tutto!
Greg prese il nastro e lo dispose sulla retta. Fece un piccolo segno per individuare la posizione di numeri e poi premette con le dita lì dove aveva lasciato la traccia.
Quando spinse sulle posizioni 9 e 87, sentì uno scatto e vide la cornice spostarsi come se scivolasse su una guida nascosta da qualche parte.
-Si muove! – Esclamò.
Fece scorrere la cornice e vide che la tela si poteva spostare. Sotto c’era un piccolo vano contenitore, poco più di un’intercapedine nascosta da un doppio fondo quasi invisibile. Guardarono dentro e videro che conteneva qualcosa.
-Che cos’è? – Chiese Mia
Greg prese in mano il cartoccio, un insieme di buste legate tra loro da uno spago rosso.
-Sono lettere – disse.
-Lettere per chi?
Greg sciolse lo spago e le sfogliò una ad una. Erano 15 buste affrancate, pronte per essere spedite a 15 indirizzi diversi. Lesse i nomi dei destinatari
-Aldomann, Meikner, Salmon, Yokuno…sono i dieci matematici più famosi del momento! E questi? Questi non li conosco…guarda se li trovi su google.
Mia digitò i nomi rimasti e vide che appartenevano a cinque giornalisti di grandi emittenti internazionali.
-Aspetta…ce n’è una anche per per noi!
Aprì la busta e lesse a voce alta.
Cari ragazzi
Siete stati bravissimi.
Siete arrivati in fondo a questa avventura, rimangono pochi passi da compiere con attenzione.
Le lettere che avete in mano sono inviti per un incontro molto importante, dovete spedirle oggi stesso.
L’appuntamento è per il 25 gennaio a Verbania, alle 15 nella sala Toscanini del Grand Hotel Majestic.
Nessun luogo sarebbe più idoneo di quello in cui Riemann è morto, nel 1866.
Ci vediamo lì.
Anna
I due ragazzi rimasero zitti e si lasciarono cadere sulle sedie coperte di polvere.
-Ce l’abbiamo fatta Greg…ce l’abbiamo fatta! – disse Mia dopo un po’.
-È merito tuo, hai saputo interpretare ogni cosa.
-Non dire fesserie, senza di te non sarei arrivata da nessuna parte.
Rimasero scombussolati per qualche momento, poi lentamente tornarono nella realtà tra i mobili coperti di nylon e i romanzi di Adele appoggiati sul tavolo.
Mezz’ora dopo uscirono dalla soffitta e andarono a spedire le lettere, dopo di che decisero di rientrare.
-Mi fai vedere casa tua? – Chiese lui.
Mia disse ok e si sentì sciogliere dentro.
Varcarono il portone e salirono in fretta le scale, aprirono la porta dell’appartamento e si trovarono stretti in un vortice di desiderio.
Successe quello che doveva succedere, si guardarono e si scambiarono tutto: l’odore, i baci, la pelle. Passarono il resto del giorno a cercarsi e a trovarsi; si raccontarono ogni cosa senza dire una parola.
Ripresero a parlare prima di addormentarsi, mentre erano abbracciati.
-Secondo te perché Anna ha scritto il biglietto in rima?- Chiese lui.
-Me lo sono chiesta anch’io – rispose Mia con la voce assonnata – credo che sia il suo modo di intendere la vita. Ogni cosa può essere detta in tanti modi e il significato alla fine non cambia. La rima è come uno scivolo che conduce alla realtà scegliendo il percorso dell’armonia. La ricerca dell’assonanza è un’esplorazione del bello, un invito a soffermarsi sulla musicalità di quello che proviamo e a trovare il ritmo dei nostri battiti nascosti.
Mia sbadigliò, poi concluse la sua frase mentre cominciava a sentire intorno il rosa e il celeste della quiete.
-La rima è una coincidenza che individua l’essenziale e desta meraviglia, allontana le parole inutili mentre danza.
Greg stette a sentire. Poi, come nei sogni più belli, vide i colori arrivare e si abbandonò.
-Ti amo Mia – disse soltanto. Lei gli strinse la mano.
——— —– — — — — – – – – – – –
Così Mia e Greg si lasciarono andare
varcarono il sonno e trovarono il mare;
era lo spazio di mille emozioni
l’ampiezza infinita senza angolazioni.
Non fecero in tempo a pensare che forse
la strada nel tempo sarebbe curvata
guardarono indietro le orme percorse
e vollero entrare nell’acqua salata.
Si strinsero forte, le mani annodate
volendo soltanto non perdersi più;
non ebbero angoscia per le onde agitate
si immersero e insieme trovarono il blu.
Nel sonno sentirono la verità netta
di prender la vita per quello che è;
cercando ogni tanto la rima perfetta
e portar quella musica dentro di sé.