Il contrario di nessuno
Cominciamo con una battuta.
Tre logici entrano in un bar. Il barista chiede:
– Volete tutti un caffè?
Il primo logico risponde:
– Non lo so.
Il secondo dice:
-Non lo so.
Il terzo, infine, afferma:
– Sì.
Alzi la mano chi ha annuito, chi ha compreso e chi ha perfino sorriso.
Non molti, probabilmente. Potrebbe essere considerata semplicemente una brutta barzelletta, se non fosse che il senso appare oscuro e in un primo momento non si capisce nemmeno che cosa ci sia da capire.
In realtà, come spesso succede nel mondo della matematica, se riusciamo ad afferrare il ragionamento possiamo migliorare il giudizio e ribaltare la scena, rendendola addirittura appagante.
Entriamo nel merito della freddura.
Alla domanda del barista, se tutti vogliono un caffè, il primo logico risponde che non lo sa. Questo significa che lui vuole certamente un caffè, altrimenti saprebbe che non tutti lo vogliono e la sua risposta sarebbe negativa.
Lo stesso vale per il secondo logico: anche lui vuole il caffè. Se non lo volesse, risponderebbe che non tutti lo vogliono.
Solo il terzo logico, unendo la sua risposta a quelle degli altri due, può affermare che vogliono tutti un caffè e risponde a nome del gruppo.
Adesso che il senso è stato chiarito, salutiamo con la mano alzata coloro che decidono di interrompere la lettura e proseguiamo con gli altri, pochi impavidi golosi di ragionamento.
Entriamo, per la breve durata dell’articolo, nel mondo della logica, la disciplina che indaga appunto sui modi di costruire un ragionamento e fissa la strada del pensiero diritto.
Pensare correttamente è un’attività poco alla moda in questo periodo storico: le informazioni scorrono a fiumi e trascinano con sé i paletti di ciò che è verificabile; la velocità, per forza di cose, rende i contenuti poco approfonditi e la lettura superficiale.
Proprio per questo, avere degli appigli per argomentare con metodo può risultare molto utile e qualche volta anche consolatorio.
Il procedimento mediante il quale si giunge a una conclusione utilizzando un’implicazione logica è detto inferenza.
I latini chiamavano “modus ponens”, modo che afferma, il metodo con cui è possibile ricavare una verità da un’altra verità.
Questo è lo schema di base:
se A è vero
e A implica B,
allora B è vero.
I matematici, che sono molto sintetici e assai poco loquaci, abbreviano direttamente con una freccia:
A ⊣⊳B
Che appunto si legge:
da A segue B
Per esempio, la frase
Can che abbaia non morde
Può essere scritta così:
Dato un cane x,
se x abbaia ⊣⊳ x non morde
E questo, alla lettera, significa che non esiste un cane che abbaia e morde.
Allo stesso modo, la frase
Chi cerca, trova
Sta ad indicare che non è possibile cercare e non trovare.
La freccia denota un verso del pensiero, la direzione che consente di giungere, a partire da certe premesse, a precise conclusioni.
Torniamo al modus ponens dei latini:
se A è vero
e A implica B,
allora B è vero.
Il costrutto è formato da due preposizioni “A” e “A implica B” e queste sono entrambe necessarie per inferire B.
Significa che se B non è vero, questo può essere perché non vale A oppure perché non è vero che “A implica B”.
Nel proverbio del cane, se x morde può significare che x non abbaia, ma anche che x non è un cane.
L’assunto di partenza, “se A è vero”, stabilisce le condizioni in cui decidiamo di operare. Potremmo porci in un sistema in cui vale qualcosa di assurdo e applicare lo stesso le regole della logica; l’inferenza non dice nulla sulla verosimiglianza dell’affermazione di partenza.
Per esempio, consideriamo questo enunciato:
Tutti i dinosauri presenti nella stanza hanno la coda fosforescente
È certamente un’affermazione stravagante; ciò nonostante, è vera:
Non ci sono dinosauri nella stanza e tutti loro hanno la coda fosforescente.
Ecco allora che balza agli occhi una proprietà schiacciante:
In logica,
da una premessa falsa può scaturire qualsiasi cosa.
Nella vita reale, le premesse sono tante e spesso anche aggrovigliate per cui risulta difficile districarsi per distinguere quelle vere.
Su questa ambiguità si fonda l’efficacia di tante pubblicità che, senza chiedere alcun permesso, invadono il nostro campo visivo e i centri emotivi del nostro cervello.
Sono presenti, in queste, degli assunti impliciti che ci portano a conclusioni illusorie, anche discutibili.
Siamo stati convinti che per essere felici occorre viaggiare verso mete lontane, comprare oggetti che abbiamo desiderato per il tempo di un minuto e nascondere ogni difetto dietro immagini poco rappresentative del nostro modo di essere.
Con questi assunti, se non viaggiamo, non compriamo e non sembriamo perfetti siamo destinati all’infelicità.
Non è l’implicazione ad essere scorretta, semplicemente siamo partiti da una premessa falsa. Questi bisogni sono autentici quanto i dinosauri presenti nella stanza, la nostra infelicità è presunta come la loro coda fosforescente.
Dovremmo avere la fermezza di smantellare certe convinzioni alla radice, probabilmente saremmo più liberi e certamente più felici.
Di fronte a un preconcetto o a una situazione poco chiara, la razionalità fornisce uno strumento di grande valore. Non sempre si arriva alla soluzione, ma almeno si evitano dei tranelli insidiosi.
Consideriamo, per esempio, il quesito di Anna.
Anna è una donna di 35 anni. È single, ama gli animali e le piace dormire con la tenda sul mare. È laureata in Lettere ed è attenta ai temi sociali; fa volontariato presso il Centro di Prima Accoglienza della sua città.
Secondo voi, quale delle seguenti affermazioni è più probabile?
- Anna è una maestra d’asilo.
- Anna lavora in una mensa e frequenta i corsi di danza
- Anna è un medico impegnato sul territorio
- Anna fa la segretaria in una banca
- Anna lavora in un negozio di abbigliamento
- Anna fa la segretaria in una banca e sostiene il movimento femminista.
Il fatto che Anna sia sensibile ai temi sociali e che sia volontaria in un centro di prima accoglienza ci induce a pensare che possa sostenere il movimento femminista, facendoci cadere nello stereotipo delle nostre convinzioni. L’aggiunta di questa informazione fornisce un dettaglio che ben si amalgama con le altre caratteristiche di Anna: molti di noi ritengono pertanto che la risposta più probabile sia la 6.
È un ragionamento comprensibile e istintivo, ma è sbagliato.
In realtà, è più probabile che Anna sia segretaria in una banca piuttosto che sia segretaria in banca e sostenga il movimento femminista, perché tra queste due condizioni c’è una relazione insiemistica precisa.
L’insieme delle cassiere di banca femministe è un sottoinsieme di quello delle casiere di banca ed ha pertanto meno elementi: la probabilità che Anna sia semplicemente una cassiera di banca, per forza di cose, è più alta.
Siamo stati vittima del cosiddetto pregiudizio di conferma: abbiamo tenuto conto solo degli elementi che hanno corroborato la nostra aspettativa.
La conclusione, una volta capita, è illuminante. Come lo sono tutti i concetti nel momento in cui vengono appresi. Il nostro cervello, evidentemente, emana segnali di luce quando arriviamo a destinazione. Mi piace pensare che sia per celebrare il momento, come un applauso dei nostri neuroni.
Se state ancora leggendo, mi congratulo con voi. Non era scontato, visto che è estate e che siamo partiti da una freddura da logici.
Mi addentro in un ultimo esempio, solo perché mi pare irresistibile e confido nel fatto che esista qualcun altro, folle come me, che si entusiasma a pensare. Ecco la domanda.
Luca, Sara e Carlo si danno appuntamento per andare al cinema. Mentre vanno, ciascuno per conto proprio, comincia a piovere forte. Luca ha l’ombrello, mentre Carlo non ce l’ha. Luca chiama Sara, poi Sara chiama Carlo per sapere se è tutto confermato. Si può affermare, alla fine, che una persona con l’ombrello ha chiamato una persona senza ombrello?
A) Sì
B) No
C) Non è possibile stabilirlo.
Il fatto che Sara non abbia l’ombrello, porta la maggior parte di noi a concludere che la risposta giusta sia la C): non si può dire se l’affermazione sia corretta. Invece, ragionando con calma, si scopre che la risposta è la A): sì. Il modo giusto di argomentare è utilizzare il cosiddetto ragionamento disgiuntivo, distinguendo le due possibilità.
Non occorre sapere se Sara abbia o non abbia l’ombrello (è questo il motivo per cui mi piace!), si può arrivare alla conclusione semplicemente analizzando i due casi.
Se Sara ha l’ombrello, allora una persona con l’ombrello (Sara, appunto) chiama una persona senza ombrello (Carlo).
Se Sara non ha l’ombrello, una persona con l’ombrello (Luca) chiama lei che non ce l’ha.
Anche in questo caso, esiste una via per arrivare alla soluzione e richiede, prima ancora della strategia, la capacità di fermarsi e di aspettare mentre si analizza la situazione. Il cervello ha dei tempi propri e bisogna rispettarli. La biologia ci insegna che la lentezza è un valore produttivo e che l’attesa, contrariamente a quanto si possa pensare, rende nitida la meta.
Dunque, siamo arrivati in fondo e io mi avvio verso la conclusione.
Prima però desidero ringraziare tutti voi, che state leggendo queste ultime righe. Abbiamo percorso insieme un piccolo tratto di strada e tanto basta per salutarvi col cuore. Non posso sapere quanti siete, se avete vacillato durante la lettura e se siete ancora davanti allo schermo. Ma c’è una cosa che mi rincuora da sempre, quando mi avvilisco per le cose che non vanno e che non posso cambiare. È un pensiero che mi consola quando mi trovo contro corrente, a lavorare con i singoli e a condividere un pensiero di pace.
In logica, il contrario di “nessuno” non è “tutti”.
Il contrario di nessuno, ricordatelo con me, è ALMENO UNO.