La diagonale e il lato

C’è una strana forma di commercio tra la matematica e l’anima.
La conoscenza si nutre di curiosità mentre lo sguardo fruga dentro e fuori alla ricerca di ciò che non si può vedere. Il numero è astratto come il sentimento, la geometria è un modo intimo di concepire la realtà mentre la ragione rincorre a piedi nudi il sogno di spiegare il tanto e il poco di ciò che immaginiamo.
Qualche volta l’infinito si nasconde in piccole quantità che sfuggono al controllo e alla misura, si cela in grandezze all’apparenza innocue che portano con sé concetti disarmanti.
È il caso di radice di 2, diagonale del quadrato di lato 1. Si trova col teorema di Pitagora sui due triangoli che dividono il quadrato, è la diretta conseguenza di un risultato noto da millenni. La somma dei quadrati sui due lati dà il quadrato sull’ipotenusa, l’ area di questo risulta quindi 1+1 e dunque 2.L’informazione che deriva è strabiliante, la lunghezza della diagonale è un numero il cui quadrato è 2.
Si può rimanere indifferenti alla notizia solo se si decide di ignorare il fatto che un numero cosiffatto non esiste nel panorama delle quantità intere e nemmeno in quelle razionali e che questo risultato manda all’aria la solidarietà tra ciò che si misura e ciò che invece si può costruire. Possiamo disegnare la diagonale di un quadrato ma non riusciamo a misurarla con l’unità a cui rapportiamo il lato. Significa che non esiste un bastoncino, nemmeno piccolo e nemmeno piccolissimo, che sia contenuto un numero intero di volte nel lato e che si ripeta nella diagonale fino a completarla esattamente. Le due grandezze sono incommensurabili, viaggiano separatamente e non ammettono sottomultipli comuni.
La diagonale e il lato rimangono così, con quella sensazione di malinconia che accompagna chi si vede e non si sa capire, col turbamento di chi si trova accanto e perde l’occasione di parlare.

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