19. Sine mora logica utor

Quella notte Mia non dormì. Era preoccupata per Anna, si chiedeva dove fosse e si tormentava all’idea che potesse aver bisogno di aiuto. Verso le 5 cominciò a piovere forte e l’angoscia aumentò. Mia immaginava la donna bagnata e sofferente in qualche anfratto del dirupo o, peggio ancora, vedeva il suo corpo senza vita che giaceva abbandonato sotto l’accanimento del temporale. 

Alle 9 prese una decisione: doveva andare nel villino dell’amica e stare tra le sue cose per sentirla vicino; aveva bisogno di immergersi nello spazio che tante volte l’aveva cullata e rivivere, anche solo con l’immaginazione, i suoni e il ricordo dei loro gesti insieme. Pensò, con un certo sollievo, che non era di turno all’ospedale; prese la macchina e partì.

Quando arrivò a casa di Anna, infilò la chiave nella serratura ed entrò. Accese la luce e si diresse in cucina per preparare un tè; voleva fare tutto quello che avrebbe fatto se la donna fosse stata lì; sentiva la necessità di ricostruire, con la naturalezza dei gesti, una parvenza di normalità che le consentisse di superare l’attesa e di rimandare ogni facile deduzione. Sul piano da lavoro, accanto al fornello, trovò un cioccolatino; era appoggiato su un foglietto, un piccolo pezzo di carta quadrata su cui era disegnato uno smile. Rimase interdetta per qualche secondo, colpita dalla strana sensazione che fosse un pensiero per lei. Aprì lo sportello per prendere la solita tazza e il pentolino dell’acqua. Afferrò la sua Mug, che era quella con la giraffa da sempre. Ci aveva bevuto la cioccolata calda quando era piccola, il primo caffè da ragazzina e il whisky dopo il primo esame all’università; l’animaletto giallo e verde dipinto sulla ceramica aveva silenziosamente presenziato ad ogni sorso della sua vita. Quel giorno, dopo averla agguantata, le dette uno sguardo e la ripose: preferiva usare quella con l’unicorno che apparteneva ad Anna. Notò, sul ripiano del mobile, un post it; ancora una volta c’era il disegno di uno smile. Lo sfiorò con la punta delle dita e richiuse l’anta con cura. 

-Strano- pensò – non ci avevo mai fatto caso.

Con la bevanda bollente tra le mani, si mise a sedere sul divano. Rimase ferma la prima ora e poi la seconda, senza bere e quasi senza muoversi. Stordita dai propri pensieri, Mia guardava un punto fisso e tratteneva il dolore. 

Alle 13 suonò il campanello. La ragazza si alzò dal divano e si diresse alla porta.

Aprì velocemente senza guardare chi fosse, spinta dall’idea che potessero esserci delle novità.

Si trovò davanti un giovane alto, con addosso un impermeabile bagnato e una piccola valigia in mano, completamente fradicia.

-Ho visto la luce accesa e ho suonato- disse lui.

-Greg! – rispose Mia, colta dalla sorpresa e da un’immediata sensazione di  conforto.

Non aggiunse niente, lo guardò per qualche secondo e gli gettò le braccia al collo. Lui ricambiò la stretta e si lasciò scaldare dallo slancio di quell’accoglienza inaspettata. Il contatto tra i loro corpi, dopo tanti anni, fu come un balsamo sulla pelle screpolata. Acqua nel deserto, ombra sulla sabbia rovente; il loro abbraccio fu un fiume di parole che riprendeva a scorrere nella valle del silenzio. 

-Vieni, accomodati.

Greg entrò e si levò l’impermeabile. 

-Se non ti dispiace vado a cambiarmi i vestiti- disse mentre li guardava gocciolare sul pavimento.

-Vai, intanto ti preparo un caffè.

-Grazie, lo prendo volentieri.

Quando Greg uscì dal bagno Mia lo guardò e le parve bellissimo. Riconobbe lo sguardo tagliente e il profilo diritto di quando era bambino; ritrovò senza fatica lo scivolo di dolcezza che da sempre attraversava, come una beffa dei lineamenti, la fisionomia delle sue fattezze scolpite. 

Si misero a sedere e cominciarono a parlare.

-Non avrei mai pensato di rivederti in una circostanza come questa. 

-Ho saputo quello che è successo, non ho potuto fare a meno di venire.

-E tuo padre? – chiese Mia – perché non è venuto anche lui?

Greg rimase zitto. C’erano così tante cose da spiegare che non sapeva da quale parte cominciare. Guardò in basso e non rispose alla domanda.

-So che sei diventata un medico- disse con un po’ di imbarazzo.

-È vero, faccio il chirurgo.

-Ho sempre saputo che sei brava.

Mia arrossì. 

-E te? Di che cosa ti occupi?

-Sono un matematico, insegno e faccio ricerca all’Università.

-C’era da immaginarselo.

-Viaggio molto, forse troppo- aggiunse Greg con un tono di malinconia – avrei voglia di fermarmi un po’.

Mia sentì una stretta al cuore, avvertì in quella frase il calore dell’abbraccio che si erano scambiati sulla porta, come se l’affermazione di Greg la riguardasse direttamente. 

-Posso fare un giro per la casa? L’ho immaginata così tante volte in questi anni…

-Certo, vai. Ti aspetto qui.

Greg si alzò e cominciò a camminare per le stanze. Aprì le finestre, si affacciò sul giardino bagnato e infine entrò nella camera da letto di Anna.

Mia, dalla cucina, sentì una risata, un gemito leggero e discreto rubato al momento di sconforto.  Si precipitò a vedere.

-Te lo ricordi questo? – chiese lui indicando un disegno incorniciato sul cassettone.

Era un cerchio colorato di giallo, una specie di sole in cui si intravedeva l’impronta di qualche zampetta qua e là. 

-Certo che me lo ricordo, l’ho fatto io con Anna miliardi di anni fa!- disse Mia sorridendo. 

Prese il disegno tra le mani e lo guardò. Inclinò la testa da un lato e improvvisamente cambiò espressione, poi aggiunse:

-Strano però, questo disegno nei giorni scorsi non c’era. Sono entrata in camera di Anna moltissime volte, ne sono sicura. 

Guardò sul cassettone e notò che la cornice era appoggiata su un vocabolario di latino. 

-Questo poi…che cosa ci fa qui?

-Fammi capire Mia – chiese Greg vedendola perplessa – c’è qualcosa che non ti torna?

-Sì, il dizionario… mi sembra strano che sia sul cassettone, non c’è mai stato.  

-Anna può averlo appoggiato lì per caso, no?

-Certo, potrebbe. Ma con il disegno sopra…Sembra che ci stia dicendo qualcosa… Non so…forse è solo la mia immaginazione,  probabilmente il desiderio di pensarla viva mi fa vedere cose che non ci sono.

-Che cosa ti ricordi di quel disegno? – chiese Greg.

-Mi ricordo che quando lo facemmo tu eri fuori, a giocare in giardino, poi rientrasti e appoggiasti una lucertola sul foglio. Guarda, ci sono ancora le impronte delle zampette!

I due sorrisero. La condivisione di quell’episodio li portò in uno stato di complicità improvvisa e pervadente, un allargamento dei propri confini in una dimensione comune.  Si dettero un’occhiata che li fece sussultare entrambi e per un istante si persero l’uno nell’altro.  Tornarono subito nei loro ruoli e non si concessero il tempo di indugiare, la preoccupazione prevaleva su tutto. 

Poi, all’improvviso, Mia si fermò e sgranò gli occhi, colta da un pensiero repentino.  Rivide il cioccolatino, le tornarono in mente gli smile; seguì d’impulso quei collegamenti come se le immagini nella sua testa fossero assi più veloci delle parole per descriverle.

-Aspetta un attimo. Mi ricordo un’altra cosa. Quel giorno parlavamo del cerchio, chiesi ad Anna che cosa c’è nel centro.

-Le domande delle donne! – si lasciò sfuggire Greg – che cosa ti rispose?

-Mi disse che nel centro del cerchio c’è la verità.

Stettero zitti, immobili, con la netta sensazione di aver trovato qualcosa. 

-La verità?

-La verità – sussurrò Mia riflettendo – C’è qualcosa sotto Greg, lo sento. Quel disegno contiene una comunicazione per noi. Ho trovato altri segni per la casa, piccole cose insignificanti che però, messe tutte insieme … Anna ci sta dicendo di cercare la verità.

-Dici nulla – aggiunse sarcastico Greg – dove andiamo a trovarla? 

– Nel centro del cerchio … – mormorò lei, quasi stordita dai propri pensieri. 

Mia cominciava a vedere una strada prendere forma tra la nebbia, una specie di miraggio che le dava forza e fiducia. Da quando Greg era arrivato, tutto appariva possibile; con lui erano entrati il coraggio e un’ebrezza che non provava da tempo.

-Mia, non ti seguo. In quale cerchio andiamo per trovare la verità? 

-Non lo so Greg, pensiamo. Abbiamo solo questi ricordi da cui partire. Pensi che sia possibile che Anna ci abbia lasciato un messaggio? Forse voglio vedere cose che non ci sono, mi aggrappo a tutto pur di conservare la speranza.

Greg, che era sempre stato molto pratico, passò direttamente alla domanda risolutiva.

-Lo scopriamo subito. C’è qualcosa a forma di cerchio in questa casa?

-Il tavolo! – disse Mia

Corsero in salotto e si precipitarono sul mobile nel centro della stanza. C’era un vaso di fiori appoggiato nel centro.

-Ti prego, guarda te.

Lui non se lo fece ripetere e spostò il vaso. Poi ci sbirciò dentro.

-C’è un biglietto!

Era un foglio ripiegato, con una ‘C’ scritta sul frontespizio.

Lo aprirono velocemente e trovarono una scritta:

‘ET SI IN EA CALIGINE VEL METU HOC MORIAR NOLO, TUM, AMOR’

Rimasero zitti per qualche secondo.

-È una frase in latino – dissero insieme.

-Merda – commentò lei.

– Merda- ribadì lui. 

Nessuno dei due si ricordava il latino.

-Il dizionario, ci ha lasciato il dizionario!

Andarono a prenderlo e cominciarono a cercare i vocaboli per dare un senso alla traduzione.

Si misero a sedere sul divano, Greg teneva il foglio in mano, Mia aveva il vocabolario appoggiato sulle gambe incrociate. Erano le 5 del pomeriggio.

-Allora, Et si non c’è bisogno di cercarlo, significa e se’.  Poi proseguì la lettura

-… In ea caligine…trova ea disse Greg.

Ea, ablativo femminile singolare di is : ”in questa’.  Caligo me lo ricordo, vuol dire nebbia. E se in questa nebbia

Vel metu disse Greg con impeto cerca vel metu.

-Un attimo di pazienza! Dammi il tempo.

Lui la guardò e notò che aveva la fermezza pulita di quando era bambina.

– Metu è ‘timore, vel è una congiunzione e significao’. Quindi ‘o per il timore..’ 

Hoc ? Che cos’ era hoc? Ah, sì… ‘così’…Nolo moriar sarà ‘non voglio morire’ ecco, ci siamo, scriviamo la traduzione.

E SE IN QUESTA NEBBIA O PER IL TIMORE NON VOGLIO MORIRE DI CIO’, ALLORA AMORE

Mia e Greg rilessero e si guardarono, poi lessero di nuovo con intonazioni diverse.

-Anna non vuole morire! – disse Mia – lo sapevo, lo sapevo! Era in pericolo ed è scappata!

-Accidenti – commentò Greg, che richiuse il foglietto. 

In quel momento notò la C sul frontespizio. 

-E questa? – disse – che cosa vorrà dire questa C? Non può essere un caso, se Anna l’ha scritta significa certamente qualcosa!

Mia gli strappò il foglio di mano e lo guardò con attenzione.

-Hai ragione, deve esserci un motivo.

Rimasero zitti per quasi un’ora, poi Greg riprese a parlare.

-Senti Mia, io ho fame. Che dici se ordiniamo qualcosa? Sono  passate le 19, non riesco più a pensare.

-Ok – rispose lei – Non mi ero accorta che fosse così tardi…ho fame anch’io, non metto in bocca nulla da ieri. Meglio pizza o Cinese?

-Vada per il Cinese, cerco il numero e chiamo io.

Quando arrivò la cena, si sedettero sul tappeto con le gambe incrociate come facevano da ragazzini. Mangiarono riso alla cantonese e pollo alle mandorle accompagnati da tè al gelsomino. Avrebbero voluto dirsi un sacco di cose, chiedersi che cosa avevano fatto in quegli anni di lontananza. Greg avrebbe voluto sapere se Mia si era sposata, se aveva ora un fidanzato, un amante o qualcosa di simile. Lei avrebbe tanto voluto rispondergli che no, non c’era nessuno che aveva preso il suo posto. Invece non dissero niente, tennero i propri pensieri ciascuno per sé, entrambi spinti dalla paura di rovinare quel momento incantato.

Verso le 22 ripresero il biglietto lasciato da Anna.

-Pronta a ripartire? – chiese lui.

-Pronta. 

-Questa C davvero non so interpretarla…sembra una di quelle lettere che vengono messe nei rebus, quando manca qualcosa. 

-Che cosa hai detto? – disse con slancio lei prendendo in mano il foglio.

Mia lo guardò e lo lesse a più riprese, andando avanti e indietro ripetutamente.

-Forse dobbiamo inserire la C da qualche parte.

-Ma dove? Torna già tutto così!

In quel momento, negli occhi di Mia una parola prevalse sulle altre. Colta da un’illuminazione quasi improvvisa, vide stagliarsi sul fondo del foglio la scritta 

CALIGO

La ripeté più volte, sussurrandone il suono:

-Caligo…Caligo

Di colpo le venne in mente qualcosa, una frase che Anna le aveva detto prima di partire: Se qualche volta le cose non vanno come devono andare, basta scambiare l’ordine degli elementi in gioco e tutto apparirà sotto una luce nuova.

-Come ho fatto a non pensarci! – esclamò – CALIGO è l’anagramma di LOGICA!

-Come scusa? – chiese Greg – Logica è l’anagramma di nebbia? Incredibile, è troppo forte! La logica per uscire dalla nebbia. …Però ecco… – aggiunse stupefatto dopo averci riflettuto – non vorrà mica dire che è tutto un anagramma?

-Proviamo a vedere – rispose lei – guardiamo se torna.

Quelle che seguirono furono ore di grande emozione. Scrissero tutte le lettere su un pezzo di carta e lo ritagliarono in modo da poter comporre e ricomporre ogni parola e cercare un significato diverso, sforzandosi di usare anche la lettera C che avevano trovato dietro al biglietto.

Alle 4 del mattino, finalmente, arrivarono a una frase di senso compiuto: 

SINE MORA LOGICA UTOR, MEMORIA TENEO, NIHIL VELATUM

Senza indugio uso la logica e serbo nella memoria, niente è più nascosto

Oddio Greg, ce l’abbiamo fatta! – esclamò Mia

-Ce l’abbiamo fatta – ripeté incredulo Greg mentre la stringeva forte.

Il loro viaggio riprendeva da lì, con quelle parole tradotte dal latino. Adesso avrebbero dovuto interpretarle, capire come procedere per andare a cercare Anna.

Rimaneva ancora tanta strada da fare, ma nel buio una porta era comparsa e loro possedevano la chiave. Avrebbero avuto il tempo di parlare, l’occasione di guardarsi senza doversi separare. Avrebbero avuto il modo di tornare dove erano rimasti, di cercarsi e di provare a sognare.

Alle 4 del mattino crollarono, stremati dal sonno e dalla concitazione. Smisero a poco a poco di chiacchierare, quasi senza accorgersi che stavano perdendo la lucidità del discorso e il contatto col reale. Si addormentarono così, abbracciati sul divano con i visi attaccati.

Quando Greg vide Mia con gli occhi chiusi le dette un bacio sulla guancia e pensò, con un gran senso di pace, che profumava di casa.

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