20. La notte di Natale

Mia si svegliò con il profumo del caffè. Aprì gli occhi e ricordò di essersi addormentata sul divano a casa di Anna, dopo aver risolto l’anagramma con Greg. Si alzò e si diresse in cucina, dove l’amico era intento a preparare la colazione. Lo guardò di spalle prima di parlare per palesare la propria presenza e riconobbe, attraverso il maglione bianco, la forma allungata della sua schiena. Lo fissò per qualche secondo chiedendosi per quanto tempo sarebbe rimasto.

-Buon giorno – disse alla fine.

-Ciao – ricambiò lui – dormivi così bene che non ti ho svegliata. Mentre aspettavo sono sceso in pasticceria a comprare qualche dolcetto. Ti piace ancora la cioccolata?

-Moltissimo, grazie. Vado a lavarmi il viso e arrivo. 

Dopo pochi minuti Mia tornò in cucina e si misero a sedere. 

-Non lavori oggi? – chiese Greg mentre versava il caffè nelle tazze davanti a loro.

-No. È il 24 dicembre e non ci sono interventi programmati. Sono in ferie per qualche giorno. E tu?

-Anche io, all’università le lezioni sono sospese fino all’Epifania.

-Ti senti di riprendere da dove siamo arrivati stanotte, per interpretare l’anagramma? – Chiese Mia titubante. Era successo tutto così velocemente che lei si sentiva stordita, aveva bisogno di capire e non voleva dar niente per scontato.

-Certo, non me ne andrei per niente al mondo. Se c’è una possibilità che Anna abbia lasciato quel biglietto di proposito con l’intento di farsi trovare, allora noi la troveremo.

Mia sorrise e lui ricambiò il suo sguardo pieno di fiducia.

Fecero colazione, poi lei si alzò.

-Dammi un po’ di tempo, vado a casa a farmi una doccia e torno.

-Senti Mia… che dici se in questi giorni di ricerca facciamo punto base in questa casa? Non credo che Anna sarebbe contraria. 

-Anna sarebbe felicissima – ribatté la ragazza mentre si avviava alla porta – va bene anche per me, avremo modo di lavorare senza interruzioni. Porto un paio di cambi allora, a tra poco.

-ok – concluse lui mentre rassettava in cucina- mentre ti aspetto scendo a comprare qualcosa da mangiare per questi giorni di festa.

Si sorrisero e lei uscì.

Tornarono entrambi dopo un’oretta e ripresero il foglio dell’anagramma. Rilessero la frase che avevano ottenuto a notte fonda, mescolando le lettere e aggiungendo la C impressa sul frontespizio.

SINE MORA LOGICA UTOR, MEMORIA TENEO, NIHIL VELATUM

Senza indugio uso la logica e serbo nella memoria, niente è più nascosto

-Dunque, vediamo….sembrerebbe che Anna ci inviti prima di tutto a ricordare – Affermò Mia.

-Sembrerebbe di sì. Da dove iniziamo?

-Dal giorno della tua partenza. Raccontami per filo e per segno quello che è successo. In questa storia non ho mai capito nulla. Perché siete scomparsi così? 

Greg fece un sospiro lungo. Cercava di organizzare le idee in modo che tutte le cose successe prendessero finalmente un ordine. Poi cominciò a parlare. Raccontò di quel giorno in cui i suoi vennero a prenderlo a scuola, disse che non aveva la minima idea di dove sarebbero andati e che ogni tentativo di chiedere spiegazioni era caduto nel vuoto. 

-Non è facile parlare con mio padre – aggiunse – quando qualcosa lo preoccupa comincia a farfugliare, perde il controllo e sviene.

Greg descrisse, per la prima volta nella sua vita, come aveva imparato fin da piccolo a convivere con la follia di Libero e di come si fosse sentito quando  lo vedeva perdere conoscenza e cadere nell’oblio. 

– In quei momenti non c’è niente da fare, bisogna aspettare che passi la crisi e che lui si risvegli da sé. 

Poi descrisse gli uomini vestiti di scuro, che di tanto in tanto venivano a prendere lui e la sua famiglia per portarli in città dove non conoscevano nessuno e dove tutto cominciava da capo. Da qualche tempo lui aveva il permesso di viaggiare perché la situazione sembrava in una sorta di stallo, ma era sicuro di essere sorvegliato. 

-Io e Anna abbiamo provato a contattarvi – disse di getto Mia – Abbiamo lanciato un messaggio mediante la televisione satellitare. Poi è arrivata la lettera e tutto è sembrato cadere nel nulla.

-Abbiamo visto la trasmissione…siete state grandi! Ma di quale lettera parli? – Chiese Greg.

Mia raccontò quello che si ricordava sul contenuto: Libero chiedeva ad Anna di spedire un quaderno di ricette e di spostare il suo ritratto dal salotto.

Greg, che non sapeva nulla di quella comunicazione, riferì di essere tornato a Siena, poco dopo la loro partenza, con il compito di portare un quaderno e di inserirlo tra i blocchi di ricette di sua madre, nel  ripostiglio della loro casa. Era il giorno in cui decise di aspettare Mia da dentro un portone, quello in cui  la chiamò con un bisbiglio e poi la baciò. Mia Arrossì al ricordo, poi riprese a parlare.

-Hai guardato nel quaderno? Che cosa conteneva?

-Formule. Ma non ero ancora in grado di capirle. Quando tornai a Berkeley chiesi a mio padre di provare a spiegarmi, gli dissi che volevo aiutarlo ma lui cadde in preda a una crisi e non seppi più nulla. Avevo capito che c’era  sotto qualcosa di grave e importante, per via della quale eravamo tutti in pericolo. Vivevamo sotto protezione e bisognava adeguarsi a quello che ci veniva detto di fare. L’unico a sapere che cosa fosse affettivamente successo era mio padre, ma è tutt’ora chiuso nel suo silenzio.  

-E poi, negli anni a seguire – intervenne la ragazza- perché non hai mai provato a cercarmi? – Mia aveva quella domanda sospesa nella gola, andava su e giù con il respiro e non cessava di martellarle i pensieri. Doveva capire, aveva bisogno di sapere fino in fondo. 

-Sono venuto di nascosto una volta, qualche anno fa. Arrivai a Siena una sera d’estate, era il giorno del palio.

Mia sbiancò, cogliendo d’intuito che Greg poteva averla vista con Niccolò.

-Mi dispiace – disse soltanto.

-Come è andata a finire col tipo?- Chiese lui.

-È durata poco, quanto dura l’estate.

Stettero zitti per qualche secondo, lui fu contento della notizia; poi proseguì.

-Ricapitoliamo: se Anna aveva ricevuto le direttive sul quaderno e sul quadro e non aveva commentato, evidentemente era al corrente di qualcosa…

-Hai ragione – aggiunse Mia – Anna doveva sapere. Ma perché non mi ha detto nulla? Siamo sempre state così legate..

-Probabilmente ha voluto proteggerti, come mio padre vuole proteggere me.

-Facciamo un passo indietro – aggiunse Mia – torniamo al quaderno. Che cosa mai poteva contenere di tanto importante? E poi…non sarà mica piovuto dal cielo. Qualcuno avrà saputo di quelle formule, sarà stato interessato a quelle ricerche. Pensa Greg, concentrati…con chi era in contatto Libero nel periodo precedente alla vostra partenza? Ricordi qualche nome? 

Greg stette zitto per qualche minuto. Si toccava il mento e spostava gli occhi  a destra e a sinistra guardando verso l’alto e frugando nei propri pensieri.

-Ricordo che andava spesso a Pisa – disse dopo un po’. – Aspetta sì…c’era un uomo che ogni tanto veniva a casa, un professore come lui. Si fermava a giocare con me e mi portava i modellini di compensato per costruire gli aerei. Si chiamava…ecco, si chiamava Silvi: Giuliano Silvi.

-Dobbiamo andare da lui- concluse Mia- Subito!

Cercarono il numero sulle Pagine Bianche e trovarono l’indirizzo. 

Si infilarono il cappotto e uscirono in strada. Tutto era addobbato, c’erano luci colorate lungo il corso e tanti negozi illuminati per il Natale. 

Arrivati sul portone, suonarono il campanello ed entrarono nel palazzo.

Un uomo li aspettava sulla porta per vedere chi stesse arrivando. Era un signore alto e distinto, con una vestaglia da casa a scacchi scozzese. Guardò il ragazzo con aria interdetta, poi assunse un’espressione incredula.

-Greg…sei proprio tu? Quanto tempo..

-Sono io, salve. Sono contento che si ricordi di me. Questa è la mia amica Mia.

-Venite entrate.

-Ci scusi per l’ora – disse Mia guardando l’orologio – forse stava riposando.

-Non vi preoccupate, anzi mi fa piacere. Da quando sono rimasto solo non ci sono orari nella mia giornata, accomodatevi.

Entrarono nell’appartamento e si diressero in salotto. 

-Avete mangiato? Posso offrirvi una fetta di panettone?

-Grazie – risposero in coro – lo prendiamo volentieri.

-Dunque, raccontatemi il motivo della vostra visita – proseguì Silvi mentre tagliava il dolce. Prima di tutto però – disse rivolto a Greg – dammi notizie di tuo padre. Non ho più saputo nulla. 

-È una domanda difficile a cui rispondere. Fisicamente se la cava …a suo modo, certo – rispose vagamente il ragazzo – Siamo qui proprio per avere qualche informazione su di lui riguardo al periodo precedente alla nostra partenza. Sa dirmi di che cosa si stava occupando? 

Silvi non insistette nel chiedere particolari. Avrebbe voluto domandare dove il collega si trovasse al momento e che cosa stesse facendo, ma sapeva che non avrebbe ottenuto risposta perché la partenza di Libero Martinelli era coperta dai servizi segreti e tutti l’avevano capito.

-Non so dirvi con esattezza di cosa stesse trattando nelle sue ricerche. Negli ultimi tempi lo vedevo poco perché lui era sempre fuori sede, alla Normale di Pisa. Sembrava completamente assorbito da qualcosa, forse uno studio particolare, ma di fatto non parlava con nessuno. Però aspettate… ho qualcosa che può aiutarvi. 

Silvi si alzò e si diresse verso la libreria. Fece scorrere un’anta ed estrasse una scatola.

-Questo è il contenuto del suo armadietto in facoltà. Dopo qualche anno di assenza fu chiesto di liberarlo e io presi quel che c’era dentro, nella speranza di poterglielo un giorno restituire. 

-Grazie infinite – dissero i due ragazzi – se non le dispiace prendiamo la scatola e togliamo il disturbo.

-Certo, andate. Spero di esservi stato d’aiuto. Se posso fare qualcosa per voi, sapete dove trovarmi.

I due giovani uscirono dal palazzo, tenendo in mano la scatola come se ci fosse stato un tesoro. 

 Verso le 18 entrarono in casa di Anna e misero il contenitore sul tavolo.

-Metto l’acqua per un tè? – propose Mia.

-Ok. Io intanto apro.

Greg sollevò il coperchio e trovò una gran quantità di fogli. Li scorse velocemente per avere una prima idea.

-Sembrano tutti appunti, cose normali…

Poi estrasse un paio di libri, qualche spicciolo, un orologio da polso e infine, occultata in un opuscolo pubblicitario, una busta di carta. La aprì velocemente e rovesciò il contenuto sul tavolo.

-Ci sono delle lettere – disse – sembrano molto vecchie, sono tutte ingiallite. E sono scritte col pennino a inchiostro!

Mia si avvicinò e ne prese una in mano. La aprì e lesse a voce alta.

Verbania, 15 luglio 1866

Caro Eugenio

Da poco sono arrivato dal nostro comune amico e l’ho trovato molto peggiorato. 

Le sue condizioni di salute sono fortemente compromesse, non so quanto tempo gli rimanga da vivere. Elise si sta facendo forza per tranquillizzare la piccola Ida, la situazione è grave.

Ti tengo informato

E Betti.

-Fammi vedere! – disse Greg con impeto. Prese la lettera e la rilesse tra sé.

-Enrico Betti era un matematico, ho studiato qualcosa su di lui all’università…Eugenio invece… chi poteva essere?

Prese un’altra busta e la aprì

Verbania, 20 luglio 1866

Eugenio caro, il peggio è arrivato.

I funerali si terranno nei prossimi giorni, io mi tratterrò qui sperando di essere di conforto per Elise e per Ida. È un momento di grande dolore. Abbiamo perso un uomo di grande generosità e di grandissimo talento.

Un abbraccio,

E. Betti

-Ma di chi parlano?- Chiese Mia. 

-Non lo so, vediamo.

Il ragazzo afferrò il cellulare e digitò su un motore di ricerca

 Enrico Betti. Eugenio

Uscì la seguente informazione:

Enrico Betti ed Eugenio Beltrami strinsero amicizia con Riemann a Pisa nel 1864.….

Spalancò gli occhi, mentre l’amica lo guardava per capire che cosa stesse succedendo. Tornò concitatamente sullo smartphone e cercò 

Riemann morte 

-Uscì una data:  20 luglio 1866.

Riemann?….Santo cielo, Riemann!

Greg si lasciò cadere sulla sedia con le braccia aperte e assunse un’espressione che Mia fece fatica a decifrare, il suo viso prese l’aspetto  dell’incredulità, attraversò il toni gialli dello stupore e, a ben vedere, anche  quelli scuri della paura.

-Chi è?- Chiese Mia.

-Bernhard Riemann, uno dei matematici più importanti e più geniali di tutti i tempi. 

-Pensi che possa avere a che fare con il quaderno di tuo padre? E Anna, che cosa c’entra Anna? Oddio Greg, mi gira la testa!

-Dobbiamo capire Mia…dobbiamo capire. Se le cose stanno come penso, c’è sotto qualcosa di veramente grosso. 

Greg si mise a girare per la stanza, cercando di collegare i pensieri. Dopo una decina di minuti riprese la parola.

-Devo uscire, ho bisogno di ossigenare il cervello. Non riesco a essere lucido ora, devo staccare per vedere le cose da un altro punto di vista. Che dici se facciamo due passi e ci fermiamo in una trattoria?

-Sarebbe un bel modo di festeggiare la vigilia di Natale.

I due ragazzi uscirono e passeggiarono per il centro di Siena. Si fermarono in un ristorante tipico e mangiarono i Pici all’aglione, poi presero uno sformato a metà e assaporarono i ricciarelli col vin santo. Greg era distratto, visibilmente preso dai propri pensieri; la sua mente tornava di continuo su quelle lettere e sul loro significato. Come aveva fatto suo padre ad entrarne in possesso? E che cosa aveva trovato di così grave da giustificare un periodo di protezione tanto lungo? Un’idea gli ronzava in testa, un’ipotesi che intravedeva e che stentava ad accettare. Guardò Mia e fu felice di averla accanto, il suo sguardo luminoso si intromise nell’agitazione delle sue considerazioni affastellate e portò un istantaneo senso di pace. Quando uscirono si presero per mano e continuarono a camminare.

Dopo un po’ che passeggiavano si sentì il suono delle campane: annunciavano che era mezzanotte. Greg guardò l’amica e la tirò a sé, stringendola forte.

-Buon Natale Mia.

Lei appoggiò il viso alla sua spalla, chiuse gli occhi e ricambiò l’abbraccio. -Buon Natale Greg. 

Quando riprese a guardare, Mia vide il bagliore della stella polare che prendeva forma nel buio. Buon Natale Anna – sussurrò – sono sicura che mi stai pensando.

Greg si sentì avvolgere dallo struggimento, notò che lei fissava un punto nel cielo e si girò per vedere. Immerso nel buio, di fronte a quelle stelle lontane, sentì il bisogno di mandare un pensiero a sua madre.

-Buon Natale mamma, resisti ancora un po’- disse tra sé.

A Lisbona, in quello stesso momento, Adele fissava Libero sdraiato sul letto e attaccato a una flebo. Non si era ancora risvegliato e la loro casa era piantonata dagli uomini grigi.

Gli avvicinò la bocca all’orecchio, gli spostò i capelli dalla fronte e sussurrò piano:

-Buon Natale amore mio, spero che tu possa sentirmi.

Lui, blindato nel suo mondo interiore, stava vagando tra mille colori. Vedeva Adele tra i fiori del divano, sentiva il profumo dei suoi capelli e indugiava sul tatto delle proprie dita mentre attraversavano la sua pelle di seta. Disse qualcosa dentro di sé, certo che lei l’avrebbe compresa.

-Buon Natale vita mia.

Lei ebbe la sensazione di sentire un fruscio sfiorarle l’orecchio e trasalì, facendo un mezzo sorriso. Poi si alzò e si diresse alla finestra. Scostò la tenda e osservò le stelle.

– Che bella notte. 

Aprì i vetri e fece un respiro profondo, guardando dall’alto gli uomini appostati sotto casa. Rivolse lo sguardo alla stella polare e si strinse nel foulard che aveva sulle spalle.

-Buon Natale Greg – pensò – papà non è solo.

Così la festa per tutti cominciò. 

Avevano addosso dei sogni, un senso di speranza e moltissimi pensieri. Ciascuno, coperto di luce e di calore, allungava le braccia per sentirsi meno solo; ciascuno forniva un sostegno a cui gli altri potevano appoggiarsi per fermarsi e riposare. 

Non sapevano che i loro auguri, visti dall’alto, apparivano come raggi luminosi. Nessuno immaginava che la loro posizione, apparentemente tanto lontana, nell’immensità dello spazio formasse il disegno di una stella. 


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