5. Il centro del cerchio

Da quando Greg aveva portato per la prima volta Mia a casa di Anna, le due non si erano più lasciate.

Dopo la scuola la bambina usciva di corsa per andare in quell’appartamento dalle pareti gialle in cui tutto sembrava incantato e in cui avvertiva un indescrivibile senso di pace, come se quel luogo lontano dai ritmi del mondo fornisse un diverso modo di inquadrare la realtà. La disabilità di Anna imponeva dei tempi impossibili da forzare e dettava delle procedure che rendevano morbide le ore tanto che le lancette sembravano lasciare il posto alla sabbia della clessidra: era possibile dire se era trascorso molto o poco tempo, ma non si poteva stabilire con precisione quanto ne fosse passato.

La casa di Anna aveva un giardino sul retro in cui Greg leggeva libri di fantascienza e acchiappava lucertole aspettando che la sua amica finisse di parlare con sua zia. Le sentiva confabulare, ridere e scambiarsi i segreti come se si conoscessero da sempre; il più delle volte lui continuava a rincorrere lucertole per ore, senza che la bambina uscisse a giocare.

‘Che cosa avranno da raccontarsi…’ pensava il ragazzino. Ma la risposta, anche se Greg non lo sapeva, cambiava di giorno in giorno.

Mia ed Anna si raccontavano di tutto, si scambiavano opinioni sulle notizie del telegiornale, inventavano storie e imitavano improbabili personaggi di fantasia che nella loro immaginazione acquisivano una forma e una psicologia precisa. Avevano creato un certo signor Remaschi che diceva sempre di sì e che era completamente asservito al potere dei suoi superiori, fino ad assumerne le sembianze fisiche e le espressioni linguistiche. Avevano inventato la signora Paolucci, che parlava ossessivamente di sé in qualsiasi contesto e iniziava tutte le frasi con il pronome ‘Io’, tanto che sapeva coniugare i verbi solo nella prima persona singolare. Gino era un fattorino generoso pronto a intervenire per qualsiasi necessità ma perennemente in ritardo; così in ritardo che era quasi puntuale per il giorno dopo. E Lea era una parrucchiera con la passione per l’Insalata Russa che ostentava una certa predisposizione all’eleganza cercando di dire parole in francese mentre acconciava le signore nel suo negozio. Nessuna delle clienti sapeva il francese ma erano tutte un po’ sorde e credevano che Lea parlasse in dialetto, quindi rispondevano in dialetto e alla fine, non si sa come, si capivano benissimo.

Senza saperlo, Mia ed Anna mettevano in quei dialoghi strampalati pregi e difetti dell’intera umanità, con leggerezza affrontavano il caos delle relazioni umane e gestivano, a loro modo, la complessità della convivenza sociale. Mia si divertiva, Anna provava per la prima volta la spensieratezza degli anni che avrebbe dovuto vivere e invece aveva perso a causa dell’incidente.

A volte il discorso si faceva serio e parlavano delle loro paure, Mia voleva sapere che cosa sarebbe successo negli anni a venire, quando Anna fosse invecchiata. La donna rispondeva che avrebbe affrontato il problema al momento opportuno e che preferiva vivere giorno per giorno.

-Penserò io a te- diceva la bambina.

-Mi basterà che mi pensi da lontano- rispondeva la donna- ovunque deciderai di essere-

Così le giornate passavano veloci, un pomeriggio dietro l’altro e poi un mese dietro l’altro, sabbia su sabbia nel cono della clessidra.

In quell’atmosfera ovattata, tra il profumo di fiori e il cinguettio che veniva dal giardino, Mia aveva fatto pace anche con la Geometria. Le piaceva disegnare figure con il righello e con il compasso, prendersi il tempo per guardarle senza l’ansia della risposta e magari abbellirle con il colore degli acquerelli.

-Qual è la figura che ti piace di più?- chiese un giorno la bambina.

-Il cerchio – rispose Anna. – Trovo che descriva bene la nostra situazione.

-Nostra di chi?- incalzò Mia.

-Quella di tutti- Riprese la donna – Alla fine siamo tutti uguali. Ci muoviamo per tutta la vita pensando di andare chissà dove e arriviamo a capire, solo alla fine, che siamo al punto di partenza.

-Giriamo in tondo – disse piano la ragazzina mentre con la matita percorreva la curva circolare sul quaderno.

Fece una pausa per qualche secondo e poi aggiunse, quasi pensando tra sé e sé -Siamo sempre alla stessa distanza dal centro-

Guardò Anna negli occhi e riprese:

– Che cosa c’è, Anna, nel centro del cerchio?-

-La verità – Rispose Anna- C’è la verità.

-Che cosa significa?

-Significa che c’è quello che ci chiediamo per tutta la vita e non riusiamo a capire. Ognuno ha il suo cerchio, la sua storia, il suo sentiero di domande. Mi sono sempre chiesta il perché del mio incidente, se avesse una spiegazione, una logica, se ci fosse un disegno che non riuscivo a vedere. Le risposte sono nel centro del mio cerchio e io le guardo tutte le sere, allungo le braccia ma non riesco a toccarle.

-È vero che quel giorno eri con il papà di Greg?- Mia tirò fuori la questione tutta d’un fiato. Aveva sentito delle voci sull’incidente di Anna e voleva sapere, ma non aveva ancora mai trovato il coraggio di chiederle come fossero andate le cose. La donna fece una pausa e cambiò espressione, poi rispose.

-È  vero- disse – Camminavamo insieme quando una macchina mi ha investita-.

-Che cosa c’è nel cerchio del papà di Greg?-

-Credo che nel suo centro ci sia questa domanda: perché gli altri sono tanto diversi da lui-

-Anche sua moglie, la mamma di Greg, è diversa da lui?-

-In un certo senso. Però hanno anche qualcosa in comune, si amano senza il bisogno di parlare.-

La bambina stava ad ascoltare con il mento sulle braccia incrociate, concentrata e attenta per non perdere particolari.

-Come si fa, Anna, a capire se qualcuno ti ama?-

Anna rimase zitta per un po’. Spostava lo sguardo dolcemente qua e là per mettere a fuoco la risposta. Poi riprese a parlare.

– Credo che succeda più o meno questo. Quando arriva la notte e la quotidianità lascia il posto alle domande, quella persona si stende con te sul bordo del  tuo cerchio e ti abbraccia. Guardate insieme nel centro e non hai più paura.-

-Deve essere molto bello – concluse la bambina.

-Lo è – Confermò Anna. – Perché alla fine di ogni vita c’è una sola cosa che rimane: il bene che hai ricevuto e quello che hai saputo dare.-

In quel momento entrò Greg, con una lucertola oscillante e furibonda tenuta per la coda.

-Visto che nessuno qui si preoccupa della merenda, ci penso io –  Disse con impeto quasi arrabbiato mentre appoggiava la lucertola sul tavolo in segno di protesta.

La lucertola sgusciò via e nella fuga infilò le zampette nei colori degli acquerelli facendoli rovesciare sul quaderno di Mia.  Quello che rimase, strano a dirsi, aveva la forma di un cerchio con tante impronte sparse sul bordo. I tre si guardarono pensando che fosse un caso davvero singolare, poi senza dire nulla si avvicinarono al foglio e notarono qualcosa.

Il centro del cerchio si era riempito tutto di giallo, il colore del sole.

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