Ciò che è senza dimensione

-Che cos’è la dimensione? – Chiese Sara.

-Ti faccio capire con un esempio – rispose Leonardo. 

Da qualche mese i due parlavano di notte su una chat. Entrambi soffrivano d’insonnia e avevano preso l’abitudine di scambiare qualche parola per passare il tempo quando tutti dormivano e loro non riuscivano a prendere sonno. Si erano insolitamente incontrati sul web e avevano trovato degli argomenti di interesse comune, senza il bisogno di parlare d’altro.

Non si erano mai visti e non avevano intenzione di farlo; delle loro vite sapevano poco, solo che vivevano in città molto distanti e che c’era una grande differenza di età. Con grande franchezza lui aveva detto che aveva superato gli ottanta e lei, con la stessa sincerità, aveva risposto che tutto sommato era una buona notizia. 

Erano legati dalla stessa capacità di immaginare, nel buio della notte davano vita a dialoghi visionari accettandoli entrambi come paesaggi naturali di una realtà celata dalla luce del giorno.

Sara era affascinata dal linguaggio forbito e suggestivo di quell’uomo che, senza saperlo, apriva in lei le porte della fantasia. Dopo che avevano parlato, la sua testa diventava una cascata di idee che lei appuntava in un quaderno sul comodino e che rileggeva di tanto in tanto, sicura del fatto che prima o poi le sarebbe tornato utile.

-Allora – riprese Leonardo – ti faccio capire che cosa si intende per dimensione. Immagina di prendere un libro alto e grosso come un vocabolario e di appoggiarlo sul tavolo. Lo vedi?

-Sì – rispose lei guardando il lenzuolo – è qui accanto a me.

-Bene, pensa adesso di vederlo schiacciare dall’alto con la pressione di una grande mano, un palmo enorme come quello di un gigante che lo preme fino a farlo diventare perfettamente piatto. Il vocabolario ha perso una dimensione, è diventato un foglio che ha altezza e lunghezza ma è privo di profondità. 

Sara mise un dito sul copriletto e fece il segno di un rettangolo, continuando a leggere.

-Adesso alza il foglio e appoggialo su un lato, poi immagina di comprimerlo nuovamente fino a farlo diventare un segmento. Il rettangolo ha perso anche l’altezza ed è rimasto solo lunghezza. Dimmi Sara, che cosa ottieni se lo schiacci ancora nell’unica direzione rimasta?

-Un punto – scrisse lei.

-Proprio così, l’oggetto infinitesimo a zero dimensioni. 

Sara sussultò. Non aveva mai pensato che potesse esistere qualcosa di dimensione zero. Prese il quaderno e scrisse qualche parola:

Punto, oggetto senza dimensione.

-Continua ti prego, sembra interessante. 

Leonardo sorrise nel buio e riprese a scrivere.

-Il fatto è che non abbiamo sensi per afferrare il punto, ci mette in crisi perché non lo sappiamo trattenere. E sai che cosa fa lui mentre scivola dalla nostra mente? Ci guarda dall’alto della sua bassa statura mentre si fa beffa del nostro imbarazzo. Come siamo sciocchi noi essere umani! Crediamo di essere grandi e di dominare ogni cosa, ma alla fine vince lui, il più piccolo dei piccoli.

-Possiamo disegnarlo, no? Quando è sulla pagina non ha via d’uscita!

-Eh, cara mia… puoi pensare di contenerlo in un’ impronta ma, appena tracciato, il punto è già un cerchio: schizza via dal foglio e dal giudizio in un tempo pari alla sua dimensione.

-Ecco…mi chiedevo…- osservò lei – perché abbiamo bisogno di prenderlo? A che cosa serve catturarlo?

Leonardo esitò per qualche secondo pensando alla risposta da fornire. Fu indeciso se parlare della sfida dell’uomo per la conquista della conoscenza, dell’utilizzo del punto nel calcolo infinitesimale, del richiamo al vuoto e all’horror vacui. Scrisse solo una battuta, pensando che alla fine avesse la stessa verità.

-Sai com’è… il grande è meno grande se il piccolo lo vince

Sara comprese la finezza di quella risposta e la appuntò sul quaderno. Poi continuò ad argomentare.

-E il piano cartesiano? Io ricordo che a scuola si associava a ogni punto una coppia di numeri. Anzi, una coppia ordinata! Come ci ripetevano sempre. 

-Quello è stato un utile tentativo; da Cartesio in avanti si è pensato di associare al punto una posizione, individuarlo con il luogo in cui poggia la sua forma. Come dire: non sappiamo come prenderlo ma è qui! 

-Una roba da fantasmi… 

-Più o meno…Il sistema di rifermento fa da recinto per l’assedio. C’è un unità di misura, un’origine da cui partire per misurare le distanze. Tutto sembra pronto per la conquista.

Sara sbadigliò. Leonardo percepì, senza sapere come, che il loro tempo per quella notte era finito. 

-Buona notte Sara – aggiunse a voce dopo qualche minuto. Capì che si era addormentata.

Con il computer accanto Sara sognò di essere nel piano cartesiano. Si vide al centro del riquadro, con gli assi orientati verso l’alto e verso destra, piccola come tre quadretti appena. Si guardò intorno e scorse il punto, qualche passo più in là. Si lanciò sulla posizione fissata, allungò le braccia e chiuse le mani nel tentativo di prenderlo.

Niente da fare, la grandezza senza grandezza sgusciò dai suoi pugni chiusi e la lasciò sgomenta, stesa sul pavimento e disarmata.
Aveva afferrato solo l’idea del punto, il mantello invisibile del niente, l’ombra bucata del numero zero.


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