2. Mia e Greg

Greg incontrò la signora Baroncini che usciva dal portone.

-Buon giorno signora-

-Ciao Greg –

-Mia è in casa?-

-Sì, ma le ho detto che può uscire solo quando ha finito i compiti di matematica-

‘Aspetta e spera’ pensò il bambino e intanto disse – Ok grazie, passo più tardi.-

Attraversò la strada e tornò nel suo appartamento. Poco dopo a casa Baroncini squillò il telefono: due trilli, silenzio, un altro trillo. Mia si affacciò ai vetri della sua stanza.

Nel palazzo di fronte, Greg era alla finestra con un cartello in mano: ‘SCENDI’.

Mia prese un foglio e scrisse frettolosamente ‘ DEVO FARE GLI ESERCIZI DI MATE 🙁 ‘

Greg esibì la risposta, già pronta: ‘PORTA IL QUADERNO, TE LI FACCIO IO’.

La bambina prese il quaderno e una penna, si infilò il giubbotto e scese.

-Che cos’è tutta questa urgenza?- Chiese – Sai che la matematica non mi riesce…-

-Proprio per questo non potevo aspettare, voglio portarti da una persona che può aiutarti a capirla, così poi usciamo a giocare quando vogliamo-

Lei non fece altre domande e lo seguì, con la fiducia cieca di una bambina di 9 anni che segue un bambino di 9 anni determinato e fiero: senza alcuna esitazione.

Greg aveva il dono dell’autorevolezza; i suoi occhi nerissimi foravano un ciuffo altrettanto nero, costretto a oscillare da una parte all’altra della fronte. Aveva un naso diritto che si appoggiava in modo improbabile sulle labbra sottili, quasi a sfidare le leggi di composizione dei visi. Mia lo guardava di nascosto quando giocavano insieme, per lui nutriva un’ammirazione sconfinata che dissimulava ostentando una certa altezzosità. Lui era bravo e preciso, lei era timida e insicura; lui sapeva salire sugli alberi e costruire rifugi con le frasche; lei disegnava cammelli con le ali e leggeva romanzi di maghi. Facevano cose diverse con ritmi diversi: velocissimo lui, lentissima lei. Ma Mia aveva un che di speciale, qualcosa che gli altri non avevano: sapeva ridere e Greg non resisteva. La sua risata era contagiosa; non era come quella degli altri, che ridono, ridono e alla fine smettono. La sghignazzata di Mia era un fiume in piena, un uragano travolgente che inglobava tutto e portava ogni cosa in alto, al rango del cielo; ci si poteva ripensare in qualsiasi momento della giornata e si ricominciava a ridere.

-Insomma, dove stiamo andando?- Chiese la bambina dopo un po’ che camminavano.

– Un attimo di pazienza, siamo quasi arrivati-

Di lì a poco, infatti, i due si fermarono. Erano di fronte a un cancellino in ferro battuto che forniva l’accesso a un vialetto fiorito con in fondo un portone. Greg suonò il campanello e la porta si aprì.

Mia non aveva la minima idea di dove si trovassero, ma quando entrarono in quella casa avvertì una bella sensazione, paragonabile a quella che provava quando i suoi genitori facevano la pace. La stanza d’ingresso era grande e luminosa, le pareti erano chiare, quasi tutte gialle o bianche e c’erano tanti fiori posizionati qua e là in vasi colorati. Sul muro più lontano un quadro che, pensò Mia, forse aveva già visto da qualche parte, con un piccolo ponte di legno e un lago coperto di ninfee. 

-Ziaaaa dove sei? Sono arrivato! – Urlò Greg.

-Eccomi, eccomi – Rispose una voce qualche stanza più in là.

Mia si aspettava di veder comparire una signora simile alla sua mamma; forse più sportiva, a giudicare dall’ambiente. Magari con le scarpe da ginnastica o con i jeans, che sua madre non indossava perché le ingrossavano i fianchi. Quello che vide, invece, la lasciò sgomenta.

Dal fondo della stanza uscì un’ ombra e poi una sagoma poco riconoscibile, una figura bassa in controluce che certo non camminava come una persona e che faceva un rumore leggero, simile a quello di una strusciata. Dopo pochi metri Mia capì: era una donna che procedeva su una sedia a rotelle.

Fece un sobbalzo per la sorpresa e agguantò il braccio di Greg, poi rimase zitta e immobile, mentre la donna si avvicinava.

-Piacere- disse la giovane signora-  Sono la zia di Greg, mi chiamo Anna-.

 

Ci sono cose in parvenza normali

che rendono i giorni talvolta speciali;

fatti che inciampano nella circostanza

di tirar fuori la loro importanza.

Così quella volta successe qualcosa

imprevedibile da immaginare

due fiumi si unirono in danza giocosa

e si gettarono insieme nel mare.

Anna avanzò verso la piccolina

le dette la mano e rimase a guardare;

lei gliela rese ed andò più vicina

senza sapere che cosa aspettare.

Lo sguardo di Anna negli occhi di Mia,

la somiglianza fu sorprendente;

entrambe avvertirono un’analogia

che le serrò in una morsa struggente.

Mia guardò dentro e vide una luce,

un fuoco, una fiamma, una scheggia di sé;

Anna pensò con un filo di voce

che in quella fiamma lei era com’è.

Per qualche minuto non dissero niente,

zitte, in silenzio, ferme a guardare;

nell’aria c’era una calma apparente

poi la bambina riprese a parlare.

 

-Senti dolore?- Chiese Mia

-Qualche volta- Rispose Anna.  Poi Mia proseguì con le domande che ritenne fondamentali.

-Puoi mangiare la cioccolata?-

-Sì –

-È vero che puoi aiutarmi con i compiti?-

-Forse. Diciamo che posso provarci –

-Ti è sempre piaciuta la matematica?-

-Non sempre, prima non mi piaceva. È una storia lunga, se hai tempo te la racconto.-

Mia si mise a sedere sul divano, prese il cuscino giallo che c’era su un lato e ci appoggiò le braccia; Anna cominciò a parlare.

Nell’altra stanza Greg, che non si era accorto di niente, faceva gli esercizi sul quaderno dell’amica.

 

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