21. I banchi della logica
Il giorno di Natale Greg si svegliò presto, animato dall’intenzione di capire.
Per tutta la notte aveva ripensato alle lettere che Giuliano Silvi gli aveva consegnato insieme agli altri oggetti, contenuti un tempo nell’armadietto di suo padre. Alle 6 si alzò e si diresse in cucina, fece un caffè e riprese la scatola con il materiale.
Aprì di nuovo le buste, estrasse i fogli e li rilesse con calma.
Verbania, 15 luglio 1866
Caro Eugenio
Da poco sono arrivato dal nostro comune amico e l’ho trovato molto peggiorato.
Le sue condizioni di salute sono fortemente compromesse, non so quanto tempo gli rimanga da vivere. Elise si sta facendo forza per tranquillizzare la piccola Ida, la situazione è grave.
Ti tengo informato
E. Betti
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Verbania, 20 luglio 1866
Eugenio caro, il peggio è arrivato.
I funerali si terranno nei prossimi giorni, io mi tratterrò qui sperando di essere di conforto per Elise e per Ida. È un momento di grande dolore. Abbiamo perso un uomo di grande generosità e di grandissimo talento.
Un abbraccio,
E. Betti
Appoggiò le lettere sul tavolo, una vicina all’altra per fare il punto della situazione.
In quel momento arrivò Mia.
-Che fai, cominci senza di me? – disse col tono di chi si è appena svegliato.
-Buongiorno – ribatté lui sorridendo – non riuscivo a dormire.
-Ok, ti perdono – aggiunse lei mentre gli rubava la tazzina delle mani. Poi la sollevò e bevve tutto il caffè – Grazie – concluse – mi ci voleva proprio.
Greg increspò le labbra e la guardò compiaciuto. Per qualche istante si soffermò su un pensiero preciso, di quanto fosse bello avere un’amica capace di rubargli il caffè con tanta disinvoltura.
-Dunque – riprese lei – chi è quel tipo che hai nominato ieri sera? Avevi una faccia…
-Bernhard Riemann – Rispose il ragazzo – Sembrerebbe che Betti, scrivendo a Beltrami, si stesse riferendo proprio a lui; è morto a Verbania il 20 luglio del 1866 e aveva una figlia di nome Ida.
-Sarebbe una cosa tanto grave? Sei rimasto così turbato… – chiese Mia incuriosita.
-È quello che voglio capire. Ho una strana sensazione ma non voglio trarre conclusioni affrettate. Prima di tutto guardiamo con calma se troviamo altre lettere.
Estrassero di nuovo tutto il materiale dalla scatola, ripresero il fascicolo pubblicitario da cui era uscito il plico la sera prima e lo sfogliarono a ventaglio. Comparve una busta, gialla e invecchiata come le precedenti.
-Eccola!- esultarono.
-Chissà perché non è insieme alle altre – notò la ragazza.
-Già, chissà perché.
Greg la prese e la aprì.
Verbania, 27 luglio 1866
Amico mio
I funerali sono stati celebrati e io sono in partenza per Pisa. Porto con me un quaderno che Bernhard mi ha consegnato prima di morire. Ha insistito perché fossi io a tenerlo e mi ha chiesto di non parlarne con nessuno, eccetto che con te. Mi ha fatto promettere di conservarlo in un luogo sicuro, lontano da occhi indiscreti. Lo sfoglieremo insieme appena sarò tornato, predisponi un posto dove conservarlo.
In fede,
Enrico
Dopo aver letto, Greg mise convulsamente le mani nella scatola e tirò fuori gli appunti di suo padre.
Li sfogliò pagina per pagina, cercando evidentemente qualche nesso con la lettera di Enrico Betti.
Mia lo guardava e non diceva niente; seguiva mossa per mossa ogni gesto dell’amico senza disturbarlo.
Dopo qualche minuto di lettura frenetica, Greg abbassò i fogli con gli appunti e disse qualcosa guardando nel vuoto.
-La funzione zeta…allora è vero… non ci posso credere…si tratta proprio della funzione zeta!
Mia non resistette e si intromise nei suoi pensieri.
-Che cos’è la funzione zeta? Greg, fammi capire!
-Credo finalmente di aver trovato qualcosa di molto importante. Dopo tutti questi anni…altro che importante, una cosa enorme! Ma come ha fatto mio padre ad avere queste lettere? È incredibile… Santo cielo Mia, sapessi che cosa significa tutto questo…
Greg parlava continuando a fissare qua e là con lo sguardo assente, come se fosse in una specie di trance. Poi prese a camminare girando intorno al tavolo. Procedeva e ripeteva che non riusciva a capacitarsi, andava avanti e indietro mentre confabulava tra sé lasciando uscire, ogni tanto, qualche parola di sorpresa e di sgomento.
Mia si sedette e lo guardò risoluta.
– Insomma, vuoi deciderti a spiegarmi?
-Hai ragione – lui prese a parlare – non so bene da dove cominciare…allora dunque…ecco sì, partiamo dall’inizio. Bernhard Riemann era un matematico tedesco, uno tra i più geniali che siano mai esistiti. È morto molto giovane, a trentanove anni, perché era malato. Veniva in Italia sperando di trovare giovamento da un clima più mite e questo è il motivo per cui è morto qui, durante uno dei suoi soggiorni sul Lago Maggiore. I suoi studi, nell’ultimo periodo, riguardavano la distribuzione dei numeri primi.
Greg si fermò guardando l’amica e si accorse che lei aveva cambiato espressione.
-Sai che cosa sono i numeri primi?- Domandò.
-Più o meno – rispose lei – ma se è importante per capire facciamo un ripassino veloce.
-È importante sì!- esclamò lui- Allora, stammi a sentire. Tu sai che ogni numero intero e positivo ammette dei divisori esatti, giusto? Per esempio 26 è divisibile per 2 e per 13, oltre che per 1 e per sé stesso.
Greg prese un foglio e ci scrisse 26 = 13 ・ 2.
-I numeri 13 e 2 sono i fattori del 26, nel senso che insieme fanno il 26. Ecco, se un numero non ha divisori esatti oltre a sé stesso e a 1, allora si dice che è un numero primo. Per esempio 13 è primo perché, se lo si vuole mettere sotto forma di prodotto, si può scrivere solo come 13 per 1.
Abituato com’era a fare schemi per i suoi studenti, Greg aggiunse qualche scritta sul foglio: fattori, numeri primi, scomposizione. Poi riprese a parlare.
-Ora, i numeri primi sono importanti per moltissimi motivi, quindi sono da sempre molto studiati. Ogni altro intero si può ottenere dal prodotto di numeri primi: attraverso la loro moltiplicazione si possono costruire tutti gli altri numeri. Sono come dei mattoncini attraverso i quali si compongono tutti, grandi e piccoli che siano. Fino a qui mi segui?
-Ti seguo.
-Bene. Immagina ora di scrivere un elenco di tutti i numeri interi fino a una certa cifra. Per esempio pensa di scrivere tutti i numeri da 1 a 1000. Colora poi, sempre col pensiero, i numeri primi di questo lungo elenco col colore rosso. Alla fine noterai che, col crescere dei valori, i numeri primi si diradano sempre di più: ce ne sono 25 tra 1 e 100; 17 tra 401 e 500 e solamente 14 tra 901 e 1000.
-Alla fine si esauriscono?- Chiese Mia.
-No, non si esauriscono mai. Euclide nel terzo secolo avanti Cristo ha dimostrato che sono infiniti, si diradano ma non smettono di comparire. Oggi conosciamo una quantità enorme di numeri primi, il più grande supera i 23 milioni di cifre, ma non sappiamo ancora predire quale sarà il suo successivo. In poche parole, non abbiamo ancora una regola precisa e dimostrata che consenta di descrivere la spaziatura tra un numero primo e l’altro.

Greg aggiunse qualche appunto sul foglio e lo mostrò all’amica
-Che cosa c’entra Riemann in tutto questo?
-C’entra! Perché lui ha tirato fuori una funzione che in qualche modo potrebbe inquadrare la distribuzione dei numeri primi, una legge che potrebbe consentirci di individuare la loro posizione all’interno degli altri numeri.
-La funzione zeta?
-Esattamente. Però c’è un problema. Il teorema sulla funzione zeta non è mai stato dimostrato. È stato studiato dalle menti più brillanti del secolo scorso ed è ancora oggi un’ossessione per molti matematici di grandissima levatura, ma nessuno ha ancora trovato la dimostrazione. E senza dimostrazione non c’è certezza! Sai che c’è un premio di un milione di dollari per chi la trova? Sarebbe una cosa veramente molto importante.
-Importante per chi? – Chiese Mia incuriosita.
-Importante per tutti. Qui arriva il bello. Sul prodotto di numeri primi è fondato il più diffuso sistema di crittografia che protegge i dati sensibili online; la sicurezza del commercio elettronico e di tutti i sistemi informatici per autenticare gli utenti è legata alla capacità di scomporre in fattori primi numeri grandissimi con centinaia di cifre. Quando inserisci il numero della tua carta di credito per fare un acquisto in rete, il sistema copre quel codice con delle operazioni che coinvolgono i numeri primi. I sistemi di difesa e di protezione di tutti gli stati hanno in qualche modo a che fare con la funzione zeta.
-Ecco perché tuo padre è protetto dai servizi segreti – Esclamò Mia – ha scoperto qualcosa sulla funzione zeta!
-Ed ecco perché altri lo cercano! – aggiunse Greg mentre si lasciava cadere sulla sedia – vogliono tutti la stessa cosa.
-E queste lettere? Che cosa c’entrano?
-Ora ti spiego. Riemann ci ha lasciato la funzione, ma non sono mai stati rinvenuti calcoli o procedimenti sul ragionamento che ha seguito per costruirla. Subito dopo la morte, la governante per fare pulizia ha bruciato tutti i suoi appunti.
-Non ci posso credere! Sembra la trama di un film.
-Già…a volte la verità supera la fantasia. Ora però, dalle lettere che abbiamo trovato, sembrerebbe che Riemann stesso avesse consegnato un quaderno di appunti a Betti e a Beltrami prima di morire. Quel quaderno è sfuggito all’operosità della governante! Ed è arrivato, non so come, nelle mani di mio padre.
-E lui, perché non l’ha consegnato?
-Non lo so! Posso immaginare che volesse studiarlo…è il sogno di tutti i matematici. Ma non escludo che avesse paura di metterlo nelle mani sbagliate. Deve aver avvertito una sorta di pericolo collettivo. Questa faccenda, in effetti, riguarda il mondo intero.
Mia si fermò pensierosa, poi tirò fuori una domanda che le ronzava in testa come una mosca in un fiasco di vino.
-Secondo te il quaderno che hai portato a Siena subito dopo la vostra partenza era proprio il quaderno di Riemann?
-Probabile. Non mi ricordo di aver notato che fosse antico ma ero molto giovane e, in quel momento, anche turbato. Quanto pagherei per averlo di nuovo tra le mani!
-Vorrei vederlo anch’io – disse con un certo tono di malinconia. Quel quaderno aveva sovvertito l’ordine di ogni cosa, era entrato nelle loro vite e le aveva improvvisamente cambiate; aveva accecato il loro sguardo con il telo scuro dell’incomprensione e aveva imbavagliato le loro domande con l’impossibilità di capire. Così fino a quel momento, in cui tutto pareva finalmente trovare una spiegazione. Fece un’altra pausa e poi riprese a parlare.
-Allora che facciamo? Non abbiamo elementi per continuare. Sappiamo che c’è un quaderno da qualche parte ma non abbiamo la minima idea di dove andare a cercarlo. E poi Anna – aggiunse dopo un po’- anche lei sarà coinvolta in questa storia?
Mia appoggiò il gomito sul tavolo e si mise la mano sulla fronte, sconsolata.
-A questo punto direi proprio di sì – rispose Greg – Anna ci ha lasciato le indicazioni per arrivare fino a qui. Se abbiamo scoperto queste cose è perché nell’anagramma lei ci ha detto di ricordare, di ripercorrere per intero quanto era successo. Sì insomma, di usare la memoria.
Greg pronunciò quella frase e rimase interdetto, come se il suono delle parole portasse alla luce un significato più profondo e ancora inesplorato.
-Aspetta un attimo…che cos’altro diceva l’anagramma? Forse ci sono altre strade da seguire.
Si guardarono e senza dire niente andarono a prendere il foglietto. Poi lo rilessero insieme.
SINE MORA LOGICA UTOR, MEMORIA TENEO, NIHIL VELATUM
Senza indugio uso la logica e serbo nella memoria, niente è più nascosto
-Abbiamo usato la memoria – disse Mia d’istinto – forse ora dobbiamo usare la logica!

-Dici nulla – ribatté Greg- per usare la logica servono dei dati, qualcosa su cui lavorare….
-Sono stata troppo ottimista – concluse Mia lasciandosi cadere sul divano.
-La logica…la logica…- ripeteva tra sé.
Poi ebbe un’illuminazione.
-E se dovessimo considerare la parola anagrammata? L’anagramma di logica è caligo, lo avevamo già notato, ricordi?
-Ricordo, ma non so dove ci porta. Caligo significa nebbia, e nella nebbia mi sembra di brancolare.
-Dai concentriamoci, sento che siamo vicini!- esclamò Mia – Dunque…. dunque…. caligo è nebbia. In che modo dobbiamo usare la nebbia?
-Non so…nebbia fitta, essere avvolti nella nebbia, banchi di nebbia…- Greg disse quei rimandi di parole sperando di trovare qualche riferimento che potesse avere attinenza con quello che stavano cercando – Aspetta un attimo…Banchi di nebbia! Dobbiamo andare in via dei Banchi Di Sotto!
-Perché? Che cosa c’è in via dei Banchi di sotto?
-Un tempo c’era una soffitta di proprietà della mia famiglia, spero che ci sia ancora! Ci sono stato un paio di volte in tutta la mia vita, da bambino. I miei la usavano come magazzino per metterci vecchi oggetti e cose inutilizzate. Le cose stavano lì qualche anno prima di finire nel cassonetto.
-Ti ricordi dov’è? Sapresti ritrovarla?
-Penso di sì. Ma come entriamo? Servirà la chiave.
-Cerchiamo tra le chiavi di Anna. C’è una scatola nel comò con tutte le chiavi, guardiamo lì!
Si alzarono velocemente e si diressero verso il mobile. Lo aprirono ed estrassero un contenitore metallico, una vecchia scatola di biscotti con il disegno di una bambina sorridente e una scritta rossa quasi del tutto scolorita. Svuotarono il contenuto sul tavolo, lì dove qualche giorno prima avevano trovato il biglietto con l’anagramma.
Spostarono le chiavi con le mani, separando i vari mazzi per vedere meglio. Poi, improvvisamente, si guardarono e si misero a ridere.
Non fu difficile individuare la chiave giusta; tra tutte, una era attaccata a un portachiavi giallo, con il biglietto di uno smile.
