Dall’altra parte del fiume

Mi afferrò la mano e mi tirò con sé in direzione del torrente.

-Sbrigati – mi disse – non c’è tempo da perdere.

Io mi voltai di scatto e lo guardai interdetta: era la prima volta che lo vedevo. Mi colpì l’immagine delle sue mani sporche di terra e della sua giacca scolorita, mentre correva agitato e mi incitava ad andare.

Notai, seguendolo, la lunghezza irreale delle sue gambe magre, sulle quali sventolavano dei calzoni sbrindellati che sembravano mossi dal vento. Procedeva a grandi falcate, poggiando le scarpe consumate qua e là tra i sassi del sentiero. Con una mano teneva me, con l’altra spostava gli arbusti per cercare la strada. 

Io camminavo veloce, sapevo bene dove stavamo andando e seguii l’istinto di lasciarmi guidare.  Era un miraggio che seguivo da tempo e che mi dava conforto, il desiderio di allentare la presa e di potermi fidare. 

-Come faremo ad attraversare il fiume? – domandai. 

-Salteremo tra i sassi; c’è un punto in cui il torrente si restringe e si riesce a passare. 

Ci trovammo in una gincana di rami e di fronde, poi giungemmo a un grande spiazzo circondato da faggi. Di colpo si girò e mi guardò risoluto, puntando i suoi occhi scurissimi sul fondo delle mie incertezze.

-Sei sicura vero? –  Se vacilli perdiamo il sentiero.

-Sono sicura. 

Costeggiammo gli alberi e imboccammo un percorso in discesa. Man mano che scendevamo, sentivamo sempre più forte il suono dell’acqua che scorreva nelle vicinanze.

-Ci siamo – disse quando fummo arrivati.

Percorremmo ancora qualche metro e ci trovammo sulla riva, una sponda formata da ciottoli e da grandi pietre levigate. Si voltò e mi fece l’occhiolino, poi spiccò il primo balzo in avanti.

Passava da un sasso a un altro, io lo seguivo cercando di non perdere l’equilibrio. 

-Non sapevo che ci fosse questo varco – dissi mentre saltavo.

-Infatti non c’era. Chiunque altro qui non avrebbe trovato niente.

-Che cosa intendi dire?

-Quello che ho detto. Queste rocce, su cui poggi i piedi per passare dall’altra parte, sono dei gioielli che non sapevi di avere: le perle della tua emotività. C’è una pietra per ogni persona che hai amato, una per ogni sguardo che hai saputo comprendere e una per ogni giudizio che hai voluto trattenere. 

Procedeva schizzando da una parte all’altra come una cavalletta e intanto rideva. Alzava le braccia verso il cielo e gridava. 

-Sono la commozione, il batticuore, la tenerezza! Pensa, tutto quello che sembrava accidentale, in questo posto fornisce la via.

Lo guardai stupita mentre sbraitava gioioso e mi accorsi che aveva un tatuaggio inciso sul polso, una scritta che girava intorno come un braccialetto sbiadito:

Gratitudine è felicità

Posai gli occhi sull’altra mano e vidi sbucare dalla manica un altro ghirigoro, in tutto simile al primo: 

Felicità è gratitudine

-Sono i miei gioielli – disse leggendomi i pensieri – la chiave della mia vana forma di bellezza. 

Poi alzò di nuovo le braccia e riprese a gridare:

-Le cose belle sono inutili!

Procedemmo ancora per un po’, con le scarpe coperte dagli schizzi ed i piedi bagnati.

Improvvisamente ci trovammo dall’altra parte.  Ci sdraiammo al sole per qualche minuto, ciascuno col suo silenzio. Poi lui riprese a parlare.

-Qui ci sono i tuoi sogni. Da ora in avanti proseguirai da sola, a me non è permesso di entrare.

-Grazie – dissi soltanto.

Lo vidi tornare indietro, balzellare sul fiume con i suoi pantaloni agitati dal vento la sua giacca sbrindellata. A ben vedere, sembrava che i suoi piedi non toccassero la superficie delle pietre, come se fosse mosso dall’aria.

 Lo chiamai un’ultima volta, gridando con tutto il fiato che avevo nella gola:

-Perché l’hai fatto?  Non mi conosci nemmeno! 

Lui si voltò e mi fece un sorriso. Portò le mani alla bocca per guidare la voce e urlò qualcosa, coperto dal fragore del fiume.

Mi sforzai di sentire ma non riuscii ad afferrare nemmeno una parola.

Mi salutò da lontano sventolando le braccia, poi lo vidi scomparire. 

Lo cercai per molto tempo negli anni a seguire. Dietro gli angoli delle strade, nella forma delle nuvole, nel rumore del vento. A lungo mi chiesi se fosse realmente esistito o se l’avessi solo immaginato. 

Ancora oggi mi perdo nelle sere d’estate; chiudo gli occhi e cammino alla ricerca del fiume, poi mi tolgo le scarpe e lo sento arrivare. 

-In ogni batticuore, in ogni commozione, in ogni tenerezza – Lo vedo lì, con i suoi calzoni allentati, mentre salta e saluta da lontano. 

Ho ripensato a quel giorno centinaia di volte. Ho ripercorso ogni suono, ogni colore, ho respirato ogni molecola d’aria. Alla fine mi sono convinta di una cosa, che alla maggior parte delle persone potrebbe sembrare inverosimile, forse inutile e completamente irrazionale. Una certezza simile alla bellezza dei gioielli, inafferrabile come una sfumatura e leggera come un occhiolino.  

I piedi per terra, lui, non li ha mai appoggiati.

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