Vietato arrendersi

Scrivo questo articolo per dar voce al senso di frustrazione che noi insegnanti stiamo provando, a un mese dall’inizio della scuola, nel tentativo di trasformare quel sentimento di impotenza in un altrettanto profondo moto dell’animo che ci porti compattamente a reagire.

La situazione che stiamo vivendo è un mare in piena, un’ondata violenta che ci travolge indistintamente e che separa, con la forza delle correnti, le nostre mani da quelle dei nostri ragazzi. Veniamo presi e sbattuti qua e là: chi in classe, chi davanti a uno schermo, chi in attesa di un tampone; è difficilissimo anche solo capire che cosa fare per portare avanti un dialogo formativo comune.

Il punto di partenza, in questo scenario, non può essere il caos; ponendo la difficoltà al centro di tutto perderemmo di vista la nostra missione. Da dove partiamo allora? Ci chiediamo come possiamo organizzarci e pianificare la nostra attività in questo contesto opaco che cambia continuamente sotto i nostri piedi con l’effetto fluido e allo stesso tempo paralizzante delle sabbie mobili. L’articolo che state leggendo, e che io scrivo di getto come un grido di dolore, vuole utilizzare la forza della ferita aperta per spostare il campo visivo da un’altra parte, verso nuove possibilità. La verità da cui dobbiamo partire è la più alta delle certezze, quella che da sempre riconosciamo profondamente nostra: i ragazzi, tutti i ragazzi, hanno bisogno di noi. Il primo imperativo da seguire è dunque questo e non dobbiamo mai perderlo di vista: è vietato arrendersi.

Rimbocchiamoci le maniche e liberiamo la fantasia per mettere in campo nuovi piani d’azione. Saranno strategie temporanee, certo, ma forniranno dei ganci a cui attaccheremo le nostre funi di sicurezza nel periodo dell’emergenza.

Ho pensato di utilizzare il blog di Buongiorno Matematica per condividere qualche esperienza didattica con i tanti insegnanti che seguono e che sono sparsi per l’Italia: fare rete in questo momento è un modo per sostenerci a vicenda. Diversamente dagli altri articoli, che sono di stile narrativo, questo ha dunque un carattere decisamente operativo e si rivolge a chi lavora nel settore. Ovviamente può essere letto da tutti, ci mancherebbe; i genitori in particolare sono sempre ben accetti tra le mie righe.

Procedo dunque con la descrizione dell’attività.

Si tratta di un progetto semplice che possiamo fare con i mezzi che abbiamo a disposizione, indipendentemente dalla materia che insegniamo, e si propone di minimizzare le conseguenze delle assenze prolungate dei ragazzi in attesa di tampone o di guarigione. La illustro di seguito per la matematica ma, come dicevo, può essere estesa ad ambiti diversi e risponde al secondo imperativo che dobbiamo tenere fisso davanti ai nostri propositiin questa fase di emergenza, i ragazzi non devono diventare passivi(cosa che purtroppo è successa durante il periodo di didattica a distanza).

L’idea è quella di dividere gli studenti in gruppi di tre, il più possibile equilibrati, e di farli incontrare tra loro su Meet o su altre piattaforme multimediali, per discutere di quanto abbiamo svolto insieme. Non dimentichiamo che i ragazzi hanno bisogno di socializzare e che quelli delle classi d’inizio non si conoscono ancora bene tra loro. Il confronto tra pari è necessario per lo sviluppo emotivo e cognitivo; in questo momento la socializzazione è fortemente penalizzata.

In sostanza, chi era presente durante la lezione ha il compito spiegare agli assenti i nuovi argomenti, seguendo delle direttive precise.

Qui entra in gioco la nostra esperienza; tutti sappiamo che i ragazzi da soli fanno presto a smarrirsi e che non sempre sono in grado di riferire quanto hanno appreso poco prima. Fissare dei paletti nella gestione dei loro incontri può diventare il pretesto per consentire loro di costruire un metodo.

Espongo qui di seguito l’impostazione che ho scelto per cominciare, ciascuno può ovviamente adattarla alle proprie esigenze o trarne ispirazione per creare esperienze nuove.

Presentazione dell’attività

 In ogni sessione di riunioni, i gruppi devono affrontare tre punti, assegnati dall’insegnante. 

(Nella mia classe prima, per esempio, ho fissato per la prima scadenza la scomposizione in fattori, massimo comun divisore e minimo comune multiplo e la legge di annullamento del prodotto).

I ragazzi si vedranno un paio di volte (o anche di più, se ne ravvisano la necessità), in un arco temporale di 2-3 giorni, dopo di che viene fatto il punto della situazione. Lo scopo, come detto in precedenza, è quello di informare e rendere partecipi gli assenti. Potrà succedere (succederà, visto il periodo ballerino) che siano assenti tutti e tre i componenti o che l’unico presente sia la parte più fragile del gruppo, quella che andrebbe a sua volta aiutata. In casi come questi sarà l’insegnante a modificare e ridistribuire la composizione del team secondo le esigenze che di volta in volta si presenteranno. Per avviare l’organizzazione e mettere a rodaggio il sistema, io ho pensato di far incontrare nella prima fase tutti i gruppi, anche quelli composti da ragazzi sempre presenti a scuola. L’attività sarà in questo caso funzionale al recupero e, appunto, alla loro conoscenza reciproca.

La gestione degli incontri

 Ciascun argomento deve essere inquadrato sotto tre diverse prospettive, rappresentative del metodo generale: cosa-come-perché che abbiamo utilizzato in classe.

– Cosa: il gruppo indaga su quello di cui si sta parlando. Ogni parola utilizzata deve avere un significato. Per esempio nella scomposizione in fattori primi si deve saper dire che cosa significa scomporre, che cosa sono i fattori e che cosa sono i numeri primi (ciascuna di queste parole è a sua volta inserita in una rete di concetti e di esempi che sono stati richiamati a lezione).

– Come: si indaga sul procedimento che si segue per raggiungere lo scopo (è sempre bene non confondere il cosacon il come. I libri di testo fanno spesso questo errore: danno la regola al posto della definizione e annullano il concetto su cui si vuole esplorare. La matematica non è un insieme di procedure, separare la regola dal contenuto è un modo utile per metterlo in evidenza).

-Perché: si indaga sulle applicazioni e sulle implicazioni di quanto è stato trattato; sostanzialmente si risponde alla domanda che più frequentemente ci viene posta in classe: a che serve quello che stiamo facendo?

Il momento della restituzione

Dopo che si sono svolti gli incontri, nel giorno concordato se ne riparla in classe.

Se i ragazzi tornati in presenza si sentono di raccontare quanto hanno appreso (e se quanto hanno appreso è sufficiente sotto tutti i profili trattati, con tanto di esempi e spiegazioni), una valutazione positiva spetterà all’intero gruppo.

Elementi di criticità

L’ostacolo principale è dato dall’impossibilità, per i ragazzi collegati in rete, di scrivere formule ed espressioni in diretta su un documento condiviso (occorrerebbe una tavoletta grafica, di cui si sono dotati tanti insegnanti nell’ultimo periodo. Ma i ragazzi non ce l’hanno). 

Google offre come strumento Jamboard ( si trova cliccando sul quadratino punterellato in alto a destra, ciascuno nella pagina del proprio account), non è il massimo ma per piccole espressioni è meglio di nulla. In alternativa i ragazzi devono scrivere su un foglio e condividere la foto.

Altri elementi di criticità emergeranno in corso d’opera, inutile negarlo. Molte cose andranno riviste strada facendo e certamente avremo tanti momenti di scoraggiamento che dovremo fronteggiare senza alcun preavviso. Ci verranno nuove idee e le proveremo tutte, come si fa nei momenti di crisi. 

Lo scopo di questo articolo, come di quelli che seguiranno sullo stesso tema, è condividere progetti, esperienze e riflessioni per affrontare un’emergenza didattica mai vista prima; creare una rete di insegnanti (e perché no, anche di genitori) che reagiscono con forza alla paura di non farcela.

Diamoci la mano (almeno virtualmente) e saltiamo tutti gli ostacoli, prima o poi troveremo il traguardo. Arriverà il giorno in cui guarderemo negli occhi, ci abbracceremo e penseremo che abbiamo fatto tutto quello che era possibile fare. Per il bene più grande che abbiamo, i nostri ragazzi. 

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